Il telefono nell’arte


Drin…drin…pronto…chi parla? Quante volte nel corso di una giornata sentiamo un telefono squillare con suonerie più o meno estrose! Quante volte nel corso di una giornata rispondiamo al telefono! Il telefono è ormai diventato un oggetto indispensabile per la vita di ogni giorno e proprio per questo numerosi artisti lo hanno immortalato nelle sue opere. Tutto inizia nel 1865 quando Meucci riesce a costruire un prototipo praticamente perfetto, quasi identico ai moderni telefoni, con lo scopo di trasmettere la voce senza dover codificare l’alfabeto morse. Questo telefono è conservato al Museo della Scienza e della Tecnologia “Leonardo Da Vinci” a Milano. Meucci, pur avendo brevettato la sua invenzione nel 1871, ha dovuto far fronte ad una serie di controversie economiche e legali con Alexander Bell che si sono concluse solo nel 2002 quando Meucci viene ufficialmente riconosciuto come il padre del telefono.


Il primo ’900 e il telefono
Lungo è l’elenco degli artisti che in modi più o meno originali hanno voluto raffigurare lo strumento di comunicazione più utilizzato al mondo. Tamara de Lempicka, artista polacca attiva nella effervescente Parigi dei primi anni del Novecento, nel 1930 dipinge “Il telefono”. Tamara appartiene all’Art Déco, uno stile artistico che si sviluppa tra la borghesia europea e americana per dimenticare gli orrori della Prima Guerra mondiale. Nell’opera, che risente degli influssi del cubismo, emerge il volto possente di una donna al telefono, quasi a sottolineare un ruolo diverso della donna. Il telefono, a quell’epoca, veniva utilizzato solo dagli uomini d’affari e trovarlo nelle mani di una donna diventa spunto di riflessione. Lo smalto rosso e le labbra rosse fanno convergere l’attenzione sull’apparecchio telefonico, protagonista indiscusso della scena.


Come non ricordare il “Telefono aragosta” del 1938 di Salvador Dalì? Rimanda all’impossibilità della comunicazione mettendo insieme due oggetti completamente differenti assemblati tra loro in un modo assurdo….surreale…. Infatti l’erotismo simbolico dell’aragosta si sposa ironicamente con il telefono creando un’icona del Surrealismo, corrente artistica che vuole liberare completamente il potere dell’immaginazione e dello spirito da qualsiasi legame e convenzione e trasformare gli oggetti di uso quotidiano in qualcosa di umoristico, come in un sogno.
L’idea di creare un telefono aragosta nasce da Edward James, un mecenate e poeta inglese legato a Dalì. Un giorno, James si trovava a casa di una signora aristocratica quando ha iniziato a squillare un telefono. La signora, per errore, ha impugnato un’aragosta e da questa scena umoristica nasce l’opera d’arte commissionata nel 1938 a Dalì.
L’artista vanta nel catalogo dei suoi lavori molti telefoni: vale la pena ricordare “Il momento sublime” oppure “L’enigma di Hitler” o ancora “Spiaggia con telefono“, “Telefono in un piatto con tre sardine alla griglia alla fine di settembre“, “Lago di Montagna”, “Paesaggio con i telefoni su un piatto” e “Telefono bianco e rovine” tutte opere di Salvador Dalì.


Nel 1944 il francese Dubuffet, capostipite dell’Art Brut ovvero dell’arte rozza, realizza il “Tormento telefonico”, un precursore del nostro odierno “stalking telefonico”. È un’opera che descrive perfettamente l’uso improprio del telefono che da strumento facilitatore della comunicazione si trasforma in oggetto di tormento. Un lavoro che rasenta il macabro, una figura inquietante emblema di una società sempre più sopraffatta da impegni che soffocano la gioia del vivere.


Il telefono negli anni ‘60
Andy Warhol, uno dei massimi rappresentanti della pop art, nel 1961 ritrae il telefono, un oggetto di culto per lui che, a volte, ne faceva un uso eccessivo.


Nel 1962 Christo e la moglie Jeanne-Claude impacchettano un telefono che si trasforma in opera d’arte. La coppia rappresentava il Nouveau Réalisme, un movimento che pone in primo piano qualsiasi oggetto anche il più banale, nel nostro caso l’oggetto è un telefono impacchettato. Christo diventerà poi famoso per aver impacchettato i più grandi monumenti del mondo. Perché “impacchettare” o “nascondere” un oggetto? Perché così si dà libero spazio alla fantasia del viaggiatore intellettuale di immaginare e fantasticare cosa si nasconda dentro per poi raggiungere la meta del proprio viaggio nel gesto sorprendente di svelare una realtà sino allora nascosta.


Robert Rauschenberg è un artista americano esponente del New Dada e Pop Art e la sua caratteristica principale era quella di inserire oggetti quotidiani e di scarto nelle opere d’arte. Nel “Poster per la pace”, riporta per ben due volte il telefono sottolineando come ormai avesse raggiunto molto popolarità fra la gente comune.


L’elenco degli artisti che hanno ritratto il telefono nelle loro opere d’arte è molto lungo e passa attraverso famosi artisti del calibro di Keith Haring in “Anni ’80”, e Banksy in “Cabina telefonica vandalizzata” del 2005.


In questo elenco non può mancare il nome di TVBoy uno street artist dei nostri giorni. Spesso, nelle sue opere, si è divertito a rendere moderne scene e dipinti dei secoli indietro. In questa opera TVBoy raffigura il celebre pittore, Vincent Van Gogh, intento a farsi un selfie allo specchio con uno smartphone. Come ben si sa, Van Gogh nella sua vita ha compiuto più di 40 autoritratti sempre riflessi allo specchio.
L’autoritratto per Van Gogh era un indagine su se stesso, la stessa funzione che ora svolgono i selfie, una semplice evoluzione dell’autoritratto nella nostra cultura contemporanea. Così TVBoy, in modo molto ironico, ha voluto rappresentare un tratto molto diffuso della nostra cultura.
…per sorridere un po’


Può Michelangelo aver ritratto uno smartphone? La storia ci dice di no, la nostra logica ci dice di no, tutto sembra negare questa ipotesi ma… Guardate bene la donna in primo piano inginocchiata: che cosa tiene in mano? Purtroppo l’incompletezza del lavoro non ci permette di identificare bene l’oggetto ma se lasciamo volare la nostra fantasia, sembra che la donna stia guardando qualcosa sul suo cellulare!


Il telefono: un oggetto che ha fatto irruzione così tanto nella nostra vita quotidiana a tal punto da entrare a pieno diritto anche nelle opere d’arte. Un oggetto iconico che ha fatto e continuerà a fare la storia della nostra civiltà, uno strumento di cui è impossibile farne a meno alla base dei cambiamenti della nostra società.