Gli ologrammi come forme d’arte

Nonostante siano poco diffusi e snobbati dalla critica, gli ologrammi sono sempre stati oggetto di sperimentazioni artistiche. Bruce Nauman e Salvador Dalì sono stati i primi a provare la tecnica olografica creando delle installazioni uniche e d’avanguardia. Oggi l’uso delle immagini 3D non si limita solo all’arte ma si espande fino al campo musicale, come in Giappone, dove l’ologramma di Hatsune Miku, vocaloid, è così popolare da diventare oggetto di mostre ed eventi.

Ologrammi: l’arte delle immagini 3D

Gli ologrammi sono delle immagini tridimensionali che utilizzano raggi di luce e specifici supporti. Sebbene si tenda a pensare sia una tecnica recente, in realtà lo scienziato ungherese Dennis Gabor la scoprì negli anni Quaranta del Novecento, ma si diffuse largamente soltanto intorno agli anni Settanta con l’introduzione delle tecnologie laser. Bruce Nauman, nato nel 1941 negli Stati Uniti, è tra gli artisti più importanti e rivoluzionari della seconda metà del Novecento, sempre alla ricerca di nuove forme artistiche da sperimentare. Attivo a partire dalla fine degli anni Sessanta, si occupa di fotografia, performance e video-installazioni evidenziando il problema della violenza come disumanità. Nauman fu tra i primi a sperimentare la tecnica delle immagini in 3D realizzando nel 1968 la serie di ologrammi Making Face.

Nell’opera l’artista stesso contorceva il viso creando smorfie grottesche per far divertire, distrarre o terrorizzare i bambini. Per rendere ancora più inquietante l’installazione, gli ologrammi vennero proiettati sul vetro. In questo modo sembrava che il suo viso fosse immerso nell’acqua. Nel 1970 Nauman decise di raccogliere le diapositive dell’ologramma selezionando cinque immagini per realizzare delle serigrafie. L’artista decise di riprodurre su fondo bianco e nero le immagini a grandezza naturale tingendole di giallo.

Si trasformarono quindi in una specie di lessico delle espressioni facciali. Anche Salvador Darlì non si tirò indietro di fronte a questa tecnica e alla metà degli anni Settanta realizzò First Cylindric Chromo-Hologram Portrait of Alice Cooper’s Brain. L’ologramma della rockstar Alice Cooper teneva in mano una scultura a forma di cervello arricchita da un’éclair al cioccolato e gremito di formiche. Ciò che ha spinto l’artista spagnolo verso gli ologrammi era la capacità di rendere tridimensionale l’immagine conferendogli movimento ponendola allo stesso piano dello spettatore. In questo modo si veniva a creare una sorta di legame tra artista, opera e pubblico.

Ologrammi: Michelangelo Bastiani

Michelangelo Bastiani, nato a Bibbiena (AR) nel 1979, è un artista legato al mondo delle video-installazioni su schermi LED e ologrammi. Dopo essersi diplomato all’Accademia di Belle Arti di Firenze, si è specializzato in pittura e fotografia e ha vissuto negli Stati Uniti per poi ritornare in Toscana dove attualmente vive e lavora. Ha esposto in musei e gallerie d’arte sia in Europa che negli Stati Uniti e il suo lavoro è ampiamente apprezzato dalla critica. Bastiani definisce la sua arte “popolare”: l’obiettivo è quello di coinvolgere il pubblico di tutte le età, dai bambini agli anziani. In questo modo lo spettatore non è più semplice osservatore ma diventa parte fondamentale dei sui progetti.

Ha sempre sostenuto che l’arte digitale senza la presenza del pubblico è fredda e distaccata, mentre prende vita e si anima solo alla presenza di qualcuno che possa interagire con essa. Il tema della natura, in modo particolare quello dell’acqua, è predominante in tutti i suoi lavori, ma realizza anche ologrammi di esseri umani, come ad esempio le ballerine, che spesso inserisce in barattoli e bottiglie di vetro recuperate da magazzini e laboratori chimici. Il vetro graffiato e rovinato conferisce un maggior valore all’opera in quanto racconta già una storia. Tutti i suoi progetti nascono da una realizzazione su carta di quello che vuole rappresentare. Successivamente a computer definisce i colori e i dettagli, e solo alla fine lo realizza in 3D.

Opere d’arte

Nuvola d’appartamento è forse l’ologramma più famoso dell’artista. L’opera consiste in una riproduzione tridimensionale di una nuvola che cambia colore, da semplice nuvola bianca a nuvola in tempesta, collocata all’interno di un barattolo di vetro. L’artista voleva rappresentare qualcosa che non si può possedere, come il fuoco, il vento e il tornado. Da qui l’idea di voler rappresentare questo tipo di nuvola. Spettacolare è Endless Blue la video-installazione creata appositamente per il campanile di Capri. L’opera si presenta come un corso d’acqua simile ad una cascata.

Oltre l’arte: il vocaloid Hatsune Miku

Il Giappone non si è limitato solo a mostrarci le sculture provocatorie di Murakami Takashi, ma ci ha stupito con il software vocaloid di Hatsune Miku. Si tratta di un ologramma che si esibisce sul palco con musicisti veri e presenziato da un pubblico vero. Hatsune Miku è un umanoide virtuale con le sembianze di un’adolescente dai capelli turchesi. La sua voce è stata ottenuta campionando quella della doppiatrice giapponese Fujita Saki, infatti gli ideogrammi da cui è composto il nome significano “Primo suono del futuro”. La grandissima notorietà ottenuta durante i concerti ha portato lo sviluppo di videogiochi, manga e molto altro. Grazie alle illustrazioni il suo successo è aumentato ulteriormente tanto da essere esposte in mostre a lei dedicate. Anche in Europa questo ologramma ha ottenuto un riscontro positivo. Nel 2017 a Roma, in occasione della mostra Mangasia, è stato possibile osservarla in un video dove veniva mostrato come si svolgeva un suo concerto dal momento dell’apparizione fino all’esibizione. Nel 2018 a Parigi, Colonia e Londra invece si sono tenuti dei veri e propri concerti dal vivo ottenendo una grande affluenza di pubblico.

Articolo di Elena Bruno

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