Artemisia Gentileschi: Tutto ciò che devi sapere

Biografia breve di Artemisia Gentileschi:


Artemisia Gentileschi nasce in una famiglia media, è la prima di 6 figli e, suo padre, Orazio Gentileschi è un modesto pittore. È proprio lui che, dopo aver riconosciuto il suo precoce talento nei confronti della pittura e del disegno, la inserirà in diverse botteghe per lavorare con pittori come Michelangelo Merisi (Caravaggio) che influenzerà molto la pittura di Artemisia. Dopo la morte della madre avvenuta nel 1605, Artemisia inizia realmente a dipingere. Suo padre le insegna a preparare le tele, i pigmenti e gli oli. Oggi abbiamo poca documentazione riguardo la formazione artistica della pittrice romana, ma ci rimane comunque questa lettera che il padre scrisse alla granduchessa di Toscana il 3 luglio 1612:


«Questa femina, come è piaciuto a Dio, avendola drizzata nelle professione della pittura in tre anni si è talmente appraticata che posso adir de dire che hoggi non ci sia pare a lei, havendo per sin adesso fatte opere che forse i prencipali maestri di questa professione non arrivano al suo sapere»

Artemisia Gentileschi – Lo stupro

Il padre di Artemisia, Orazio, fece studiare la figlia da Agostino Tassi, un pittore genio e virtuoso della prospettiva che nel 1611 stuprò la ragazza mentre Tuzia, una vicina di casa dei Gentileschi assisteva indifferente.

Vediamo ora alcune delle sue opere più belle:

Artemisia Gentileschi

Giuditta che decapita Oloferne – Artemisia Gentileschi

Si tratta di un dipinto ad olio su tela (158,8×125,5 cm) realizzato fra il 1612 e il 1613. L’opera venne realizzata poco dopo lo stupro e rappresenta Giuditta che dopo averlo ubriacato, decapita Oloferne. A sinistra del dipinto vi è un’ancella che assiste alla scena mentre Giuditta (la donna a desta) trafigge il collo della vittima con un espressione molto sicura, come se non si stesse pentendo dell’omicidio che sta compiendo. Oloferne, nel mentre cerca di liberarsi aggrappandosi alla povera ancella. Il suo tentativo di salvarsi è comunque vano, infatti sul telo su cui si trova è volato già diverso sangue.

Artemisia Gentileschi


Autoritratto come allegoria della pittura

Si tratta di un dipinto ad olio su tela del 16381639 circa di dimensioni 98,6×75,2 cm. Il quadro, disperso dopo l’esecuzione di Carlo l, venne ubicato presso le collezioni reali. Artemisia si rappresenta di fianco, col braccio destro alzato intento a dipingere una tela che però non vediamo. Al collo ha una catenina dorata con un volto e nell’altra mano tiene saldamente la tavolozza accompagnata dai colori e da alcuni pennelli. Per realizzare il dipinto, che presenta una posa piuttosto particolare, la pittrice ha utilizzato un sistema di specchi piuttosto articolato. Da notare la luce, che deriva dall’influenza di Caravaggio, come anche lo sfondo color terra.

Artemisia Gentileschi


Susanna e i vecchioni

Artemisia Gentileschi: Questo che vedi è uno dei primi dipinti di Artemisia, infatti venne dipinto nel 1610, quando era poco più che diciassettenne. Fu il padre Orazio ad esporlo per dimostrare a tutti la bravura della figlia. Alcuni però sono dubbiosi sul vero pittore dell’opera. Credono che a realizzare il dipinto sia stato il padre Orazio e che abbia inserito la firma della figlia per vanto. Altri invece dubitano sulla datazione del dipinto. Raffigurati sono la giovane Susanna che viene molestata da due signori anziani mentre questa di faceva il bagno. L’episodio è uno dei più celebri dell’antico testamento, narrato nel libro di Daniele.

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