Nel segno delle donne. la mostra a Domodossola
Tra Boldini, Sironi e Picasso
Fino all’11 dicembre 2022, Domodossola dedica una mostra incentrata sul ruolo della donna negli anni a cavallo tra Ottocento e Novecento. Attraverso un percorso di oltre una sessantina di opere tra dipinti, sculture e foto, si racconta il cambiamento della figura femminile verso la modernità. Questo racconto artistico permette di cogliere il ruolo essenziale della donna in diversi ambienti, come lavoratrice o intellettuale, in età diverse, giovani o anziane e in diversi ruoli, madri o figlie. È una rassegna pittorica che vede come protagonisti i più grandi artisti italiani e non dell’epoca che rispondono ai nomi di Boldini, di Zandomeneghi, di Fattori, di Carrà, di Pellizza da Volpedo, fino ad arrivare a Sironi, a Modigliani e concludendo con un’opera di Picasso. Entrando in museo, il visitatore viene accolto dall’atmosfera che si respirava nella Belle Époque dove tutto è sontuoso: dalle cornici agli abiti, dai cimeli alle fotografie. Un percorso dove anche la città di Domodossola godeva in quel periodo di un ruolo da importante protagonista come ponte tra Italia e Francia.


Boldini e le donne
Giovanni Boldini è l’artista italiano più vicino all’impressionismo. Opera in Italia a fine Ottocento ed è famoso per la sua vivace vita mondana trascorsa soprattutto a Parigi. La sua fama di ritrattista di figure femminili nasce proprio con la frequentazione di ambienti borghesi trasportando su tela l’eleganza e la psicologia delle donne dell’epoca. Di lui così dicono i critici:
“Boldini non solo ama le donne, le venera e pertanto le celebra!”
Che le sue donne siano ritratte nude o vestite alla moda non cambia molto perché le rappresenta sempre fiere del loro aspetto. Sono figure che si fanno testimoni del proprio tempo e della propria cultura. La prima donna che incontriamo è Gabrielle de Rasty, una spregiudicata contessa francese divenuta l’amante e la modella del pittore.


“Giovane seduta con guanti” del 1897, è il ritratto di una signora dall’aspetto sottile ed evanescente, vestita con un abito grigio quasi a confondersi con la poltrona e in netto contrasto con altre donne nude. Sono donne enigmatiche che seducono solo con la forza degli occhi, donne dalle linee morbide, donne quasi divine dipinte in un ambiente quasi irreale. Gli abiti e l’abbigliamento in generale sono ricchi di sfumature che avvolgono un corpo in continuo movimento.


Non solo Boldini…
Zandomeneghi, pittore veneziano della fine dell’Ottocento, con la sua ultima opera, mette in scena in “Hommage a Toulouse-Lautrec” del 1917 un richiamo al famoso dipinto di Henry “Divan Japonais”, una donna avvolta nel suo mondo di pensieri, di sogni, di gioie e di malinconie. Figure lontane, distanti dalle donne di Boldini, dove il garbo, la riservatezza e la riflessione giocano un ruolo di primaria importanza. Non sono donne-dee ma signore colte nella quotidianità della vita. E ancora, Mario Cavaglieri che, con la sua pittura raffinata, ci immerge negli ambienti snob dell’alta borghesia facendoci accompagnare da donne perfette nelle forme e nei lineamenti. Le donne di Cavaglieri, pur avendo un alto potere seduttivo, non aprono ad una interpretazione erotica diretta ma fanno nascere la curiosità perdendosi in un momento intimo da immaginare. Impossibile tralasciare all’ingresso la grande tela di Leonardo Dudreville, fondatore nel 1922 assieme ad altri 6 pittori del gruppo “Novecento”, che in “Amore: discorso primo” del 1924 raffigura il proprio vissuto con l’intero mondo femminile tra ideali e drammi: dalla gioia coniugale al dolore del tradimento. Il pittore toscano Giovanni Fattori, considerato come uno dei principali esponenti del movimento dei “Macchiaioli”, ne “Ritratto della cognata Carlotta Scali” del 1864, presenta una donna composta, ordinata e non attraente. Anche l’abito non presenta colori sgargianti e nella sua sobrietà copre tutto il corpo della donna.


Regina Margherita di Savoia
Un posto privilegiato è quello che gode la regina Margherita di Savoia. Un omaggio che la città di Domodossola deve alla sovrana perché, insieme a Mons. Bonomelli, ha presenziato nel 1906, anno dell’apertura del traforo del Sempione tra Italia e Francia, all’inaugurazione di un ospizio per migranti. La Regina Margherita è famosa anche per aver pernottato nel 1893, anno dell’inaugurazione, alla “Capanna Margherita – Monte Rosa mt.4554” dedicata in suo onore. Qui il “Ritratto della regina Margherita”, mutuato da una fotografia, mette in evidenza la sua passione per le perle. Come in un dipinto del 1878 attribuito a Francesco Didioni, indossa un abito sobrio e lunghi guanti.
Sironi e Picasso
Il percorso si conclude con due grandi artisti: Sironi e Picasso. La donna di Sironi si inserisce perfettamente nel quadro storico-sociale dell’epoca. Ne “Madre con bambino” del 1936/8, Mario presenta la donna come simbolo di vita mentre in “Figura femminile con libro e moschetto” del 1936/8, la donna assume quasi una tonalità metafisica che la rende più vicina alle dee che non alla donna stessa. Sono figure solide che non presentano alcun monile femminile. Entrambi furono studi preparatori per monumentali opere successive.


In questa rassegna sulle donne non poteva mancare Picasso, l’artista che più di ogni altro ha dipinto innumerevoli donne in varie pose. In una delle 13 varianti del “Paysage de Vallauris”, non si scorge alcuna presenza femminile ma una casa isolata nel bosco ci fa pensare che, dietro a quelle finestre ci sia lei, l’angelo del focolare domestico, la donna simbolo di quella intimità e di quella affettività che solo la figura femminile può custodire.
Domodossola
Non solo donne…anche Domodossola occupa uno spazio rilevante all’interno della mostra. Con l’inaugurazione del Traforo del Sempione avvenuta nel 1906, la città ne ha tratto vantaggio iniziando a respirare l’aria della Belle Époque parigina. In città si viveva un clima vivace e frizzante di impronta internazionale. A testimonianza di ciò è il Teatro Galletti che attirava personalità da tutta la zona del Lago Maggiore. In mostra vi è proprio l’originale sipario dipinto appositamente per il teatro nel 1882 da Bernardino Bonardi. La tela rappresenta una scena di vita quotidiana di Piazza Mercato dove i personaggi indossano i costumi tradizionali delle valli ossolane. Anche in questo caso le vere protagoniste sono le donne con i loro costumi, usi e tradizioni.
La mostra, curata da Antonio D’Amico e Federico Troletti, è stata realizzata dal Comune di Domodossola in partnership con la Fondazione Paola Angela Ruminelli e il Museo Bagatti Valsecchi di Milano, con il contributo della Fondazione Cariplo e il sostegno di Soc. Coop. Pediacoop, Ultravox Srl e Studio Abc, Centro Sos Dislessia di Domodossola. L’esposizione offre al visitatore la possibilità di cogliere il ruolo della donna nella società e le mutazioni del gusto estetico in un momento di forte evoluzione.


La mostra, ospitata nei Musei Civici Gian Giacomo Galletti in Palazzo San Francesco, piazza Ruminelli 1, rimarrà aperta fino all’11 dicembre 2022 nelle giornate di giovedì, venerdì, sabato e domenica.
Orari mattina: 10 – 13
Orari pomeriggio: 15 – 18
Ogni venerdì alle ore 16 visita guidata, in altri orari è consigliata la prenotazione.