La fotografia di Man Ray tra arte e moda

La poetica ambigua e misteriosa di Man Ray

Militante convinto prima del Dadaismo e poi del Surrealismo, Man Ray ha condensato nella propria persona tutte le novità, ma anche le contraddizioni emerse in un periodo fondamentale per i destini dell’arte. Il suo incontro con Duchamp, con il quale strinse una profonda amicizia e un lungo sodalizio lavorativo, influenzò l’ideazione delle sue sculture più note, nelle quali è evidente il richiamo alla poetica del ready-made.

L’enigma di Isidore Ducasse

Emblematica della poetica di Man Ray è l’opera conosciuta con il titolo di L’enigma di Isidore Ducasse. Questa si presenta come un involucro trattenuto da corde che avvolge un oggetto misterioso. Isidore Ducasse era lo pseudonimo del poeta Lautréamont (1846-70), molto amato dai dadaisti per i suoi aforismi, uno dei quali recitava così: «Bello come l’incontro casuale di una macchina da cucire e di un ombrello su un tavolo operatorio». Man Ray, attraverso il titolo stimola lo spettatore a risalire alla massima, lasciando intravedere sotto l’involucro delle forme che rimandano proprio a quelle di una macchina da cucire e di un parapioggia. 

L’enigma di Isidore Ducasse, fotografia, 1920

Ready made “rettificati”

Regalo del 1921 è un ferro da stiro con una fila di chiodi saldati alla piastra. Questa “rettifica” rende di fatto inutilizzabile l’oggetto, ribaltando completamente lo scopo per cui è stato creato. Man Ray, infatti, manipola sempre i suoi ready made, stravolgendone ironicamente la natura. In questo modo realizza una contaminazione tra prodotto seriale e opera d’arte, appositamente creata per stimolare il pubblico a riflettere, anche attraverso la componente del mistero. Tutto questo è evidente anche nelle sue sperimentazioni fotografiche.

Rayogrammi o rayografie

Man Ray già lavorava con la fotografia come linguaggio di sperimentazione artistica, quando scoprì in modo casuale , come lui stesso racconta, il procedimento che oggi conosciamo come rayogramma o rayografia. Si tratta di immagini realizzate “per contatto”, senza l’utilizzo della macchina fotografica. Verso gli anni Cinquanta questa tecnica prese il nome di off camera. Per Man Ray, che ne ha sempre rivendicato la paternità, le rayografie divennero un ulteriore territorio di espressione artistica che poteva sostituire colori e pennelli. Queste immagini, ottenute per contatto degli oggetti su carta fotosensibile, mantengono il gusto e il piacere della composizione visiva e l’attenzione all’organizzazione delle forme sulla superficie pittorica, risultando tipicamente pittoriche.

Rayografia VI, 1923

Man Ray: un fotografo professionista

Man Ray fotografava le sue opere ed è stato il primo artista a concepire le fotografie dei suoi oggetti scultorei non solo come riproduzioni, ma come opere d’arte a sé stanti. Inoltre, oltre ad essere un raffinato artista, Man Ray è stato anche un fotografo commerciale e professionista, autore di sublimi contaminazioni tra i territori dell’arte e della moda. L’artista si trova ad operare in un periodo storico in cui la fotografia di moda è vista ancora con sospetto dai sostenitori di un’arte “pura”, svincolata da scopi economico-commerciali. Man Ray, al contrario, indifferente nei confronti delle tecniche – pittura, aerografo, rayograph, ready made, fotografia – intuisce tutte le potenzialità non solo del mezzo fotografico, ma anche di un ambito, quello della moda, oggi riconosciuta a pieno titolo nel complesso delle arti visive contemporanee.

L’incontro con la moda

Giunto a Parigi nel 1921, Man Ray è già un artista affermato nell’area del Dadaismo e ha l’occasione di frequentare molti dei suoi colleghi più famosi, tra questi Henri Matisse e Pablo Picasso. L’incontro con la moda, invece, fu favorito da Francis Picabia che gli presentò Paul Poiret, uno dei più noti stilisti del tempo. Fu quest’ultimo a dare ad un ancora inesperto Man Ray la possibilità di scattare alcune foto di moda, mettendogli a disposizione il suo atelier e una camera oscura al di fuori del normale orario di lavoro.

È grazie all’incontro con Poiret, che rimase affascinato dallo stile e dalle sperimentazioni di Man Ray, che inizia la sua proficua carriera nel mondo della fotografia di moda, in collaborazione soprattutto con Vogue Francia e con Harper’s Bazaar.

Peggy Guggenheim con un abito di
Paul Poiret, 1924

Arte, moda e fotografia

Man Ray ha costruito la sua poetica attraverso un uso sperimentale e diversificato del mezzo fotografico. Lo pseudonimo da lui adottato si riferisce proprio all’azione fondamentale svolta dalla luce in fotografia, il “raggio” di luce. Se, tuttavia, Man Ray si avvicina alla fotografia per “rompere” con la logica della pittura, nella moda farà largo uso di effetti speciali che faranno sì che le sue fotografie ancora oggi sono ricordate più per se stesse che non per il loro legame con la moda. Solarizzazioni, doppie esposizioni, stampe in negativo e inquadrature inedite sono alcuni degli effetti che l’artista sperimenta sfumando costantemente i confini tra arte e moda.

Noire et Blanche

Una delle più note e iconiche fotografie realizzate da Man Ray fu pubblicata su “Vogue” nel 1926, con il titolo di Visage de nacre et masque d’èbene, oggi conosciuta con quello di Noire et Blanche. L’immagine è un testo poetico che gioca sugli opposti, bianca/nera, donna/maschera, naturale/artificiale, vera/finta, ma anche sulle similitudini tra i concetti di maschera e trucco. Inoltre la costruzione dell’immagine rimanda all’incontro tra due culture, quella europea e quella africana, poiché ogni dettaglio è funzionale a rimarcare delle corrispondenze, nonostante il gioco di contrasti. Il volto della modella sembra di madreperla, gli occhi sono chiusi e le labbra risaltano grazie al rossetto. In contrasto con i colori e le linee orizzontali del viso della donna emergono le linee verticali della maschera nera. Eppure le due figure si avvicinano al di là del tempo e dello spazio. La donna con gli occhi chiusi sembra sia immersa in un sogno. Nel gioco di corrispondenze tra i due “volti”, nulla ci vieta di pensare che la modella stia sognando quel mondo esotico e lontano, che la maschera evoca.   

Visage de nacre et masque d’èbene, 1924

La surrealtà nell’immagine fotografica

La relazione simbiotica tra arte e moda è una costante in tutta la poetica di Man Ray. In alcune opere, però, questo legame è davvero esemplare. Pensiamo alla celebre immagine del 1936 che unisce due opere dell’artista in un’unica immagine. La prima è una fotografia di una modella che indossa un abito di Jacques Heim e solleva il braccio destro quasi a voler sorreggere le grandi labbra che la sovrastano, dipinte da Man Ray con il titolo di All’ora dell’osservatorio, gli amanti. Quest’opera, già concettualmente fotografica, trattandosi di un particolare del corpo ingrandito e decontestualizzato, era già stata utilizzata da Man Ray per altre operazioni fotografiche. Nell’immagine realizzata per Heim, l’artista gioca con l’autorefenzialità della fotografia per creare un contatto tra il mondo della moda in quello dell’arte, attraverso il gesto simbolico della modella che tenta di accarezzare l’enigmatica surrealtà della tela.

Fotografia per Jacques Heim, 1936

Un suggestivo effetto di straniamento

In un altro lavoro del 1937 vediamo una splendida modella che indossa un raffinato abito di Lucien Lelong in tessuto d’argento plissettato. La donna, tuttavia, anziché essere seduta sulla poltrona di un elegante salotto, è adagiata su una carriola da lavoro, objet trouvè già proposto dal collega surrealista Oscar Dominguez. L’effetto straniante dell’immagine è dato dall’accostamento tra “alto” e “basso”. Man Ray, inoltre, propone un gioco una combinazione in cui la modella funziona da “aiuto” nei confronti dell’objet trouvè carriola, ma può essere vero anche il contrario. Senz’altro, comunque, se già è strano imbattersi in un una carriola in contesto diverso da quello consueto, lo è ancora di più se al suo interno, invece di trovarvi sassi e detriti, vediamo una bellissima ed elegantissima modella.

Man Ray, quindi, mescola abilmente dimensione concettuale e sperimentazioni estetiche, con particolare attenzione alla componente formale delle immagini. In particolare, nella moda segue sempre il principio che una fotografia deve evocare un mondo in è possibile sognare, piuttosto che essere semplice presentazione di un abito.

Alessandra Olivares

Fotografia per Lucien Lelong, 1937

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