L’assenzio nell’arte
L’assenzio, storia della bevanda
L’assenzio, la fata verde! Una bevanda dalle origini antichissime, risalgono addirittura agli Egizi. Le prime testimonianze certe sono da attribuire a Plutarco. Il nome scientifico è “Artemisia absinthium” una pianta arbusto dal cui distillato si ricava una bevanda alcolica pari al 68% dal gusto amaro e per questo viene diluita con ghiaccio con aggiunta di zucchero, aromi, estratti di origine naturale come ad esempio: la menta, il finocchio, la vaniglia ecc… Fu creata dal medico francese Pierre Ordinaire scampato alla rivoluzione, stabilitosi successivamente a Courvet in Svizzera. Intuendo le potenzialità curative di tale pianta la distillò per utilizzarla come tonico. Il successo della bevanda fu tale che, nel 1798 nacque in Svizzera la prima distilleria ufficiale seguita più tardi dai francesi. Furono i soldati a decretarne l’avvio a Parigi ritornando dalle guerre coloniali dove veniva impiegata per uso medicinale antisettico, spopolando tra le classi sociali meno abbienti anche la borghesia fu ammaliata dalla bevanda verde. Un verde fatale dal momento che assunse le sembianze di una droga a basso costo. Tanti artisti ne fecero uso come Rimbaud, Verlaine, Hemingway, Oscar Wilde e tanti altri.


Il bar delle Folies Bergère Manet
L’ambiente bohemièn fu letteralmente conquistato dalla fata verde poiché molti pittori impressionisti si riunivano a discutere di arte, politica, della rispettiva produzione nei caffè. Si esercitavano inoltre nel ritrarre gli avventori dei locali oltre all’ambiente stesso, per poi dipingere nei loro studi privati. Il dipinto intitolato: il bar delle Folies Bergère, un olio su tela datato 1881, di Edouard Manet ne è un chiaro esempio, la protagonista è una cameriera, realmente esistita dal nome Suzon, che dietro al bancone carico di bottiglie di vino, champagne e bicchieri di birra, osserva malinconicamente e con una rassegnazione palpabile lo scorrere frenetico della vita notturna. Il suo vestito semplicemente adornato da fiori risalta con i colori freddi e il nero che caratterizzava la tavolozza di Manet. Si possono notare gli avventori della sala da ballo che giocano, un trapezista, un signore che contratta con una prostituta. Il pittore rappresenta uno spaccato della sua vita senza condanne ne moralismi, tipiche dello spirito anticonformista che li caratterizzava. Lei è dentro il quadro, ma per un sapiente gioco di prospettive data dallo specchio è come se ne fosse estranea. Per questo, siamo tutti spettatori di un mondo che non ci rende partecipi attivamente alla realtà.


L’assenzio di Degas
Il senso di estraneità ma soprattutto di solitudine sono fortemente espressi nel quadro: Assenzio, olio su tela, 1875, di Edgard Degas. L’avventrice è seduta in un bar, con un bicchiere di assenzio pieno sul tavolino, il resto della scena è occupato da un altro avventore trovatosi a caso li, lo specchio posto alle spalle riflette le ombre di un mondo vuoto, i colori freddi, sfocati insieme al dettaglio che denuncia la solitudine di un’epoca.
Lo sguardo triste, perso nel vuoto della protagonista, il cui nome era Ellen Andrée, un’attrice che in seguito sarebbe divenuta molto popolare, il personaggio maschile accanto era Marcellin Desboutin, un pittore amico di Degas. Una curiosità riguarda il locale che si chiamava Cafè de la Nouvelle-Athènes, collocato in place Pigalle frequentato da tanti artisti.


La prugna di Manet
In contrapposizione allo stesso soggetto, due anni dopo Manet realizzò il quadro: La prugna, 1877, olio su tela. Raffigurante una donna che placidamente appoggia il viso sulla mano, persa nei suoi pensieri, il delicatissimo colore rosa del vestito conferisce un’aria romantica al quadro. L’artista preferì non porre l’accento sul senso di angoscia come invece fece Degas.
Manet era solito frequentare i locali elitari della capitale dalle mille luci, per tale motivo comprendeva appieno le meccaniche che scaturivano da esse, finendo poi schiacciato dall’ingranaggio della sofferenza.


I postumi di una sbornia
Nel quadro: I postumi di una sbornia, 1889, il pittore Henry De Toulouse Lautrec con pochi ma accurati tratti nervosi ci dona un’interpretazione raccolta del bere. Solitaria, la donna guarda un punto indefinito, quasi nervosa, disinteressata a ciò che la circonda. Così come accade nel quadro che ritrae l’amico Vincent Van Gogh anch’egli assiduo frequentatore di bar, per sconfiggere la solitudine ma anche per ampliare le sue vedute artistiche. Si nota la presenza dell’assenzio, Toulose Lautrec fu l’esponente di spicco del consumo della bevanda verde. Si dice che nel suo bastone da passeggio, usato per necessità dovute alla poliomelite che lo colpì da bambino, ci fosse un litro di assenzio ed un bicchierino per sorbirlo.


La bevitrice di assenzio – Picasso
Pablo Picasso nel 1901 dipinse: la bevitrice di assenzio un olio su tela, realizzato durante il suo soggiorno parigino. Testimonia la solitudine ed omaggia gli artisti che incontrò all’epoca nei caffè, la protagonista è contratta mentre osserva la bottiglia di assenzio che anche il pittore stesso era solito bere. Con poche pennellata di colore blu, il freddo e l’angoscia assale lo spettatore.


Manifesto Perigot
Nel periodo della Belle epoche, diversi artisti realizzavano locandine e manifesti pubblicitari tra cui Alphonse Mucha, 1896, il maestro dello stile Liberty. Alcune ancora in uso oggi. Le case di produzione facevano a gara per realizzare il manifesto o l’etichetta più bella per colpire la fantasia del cliente, come ad esempio la famosa marca Perigot.


L’assenzio: Il cucchiaino Lautrec
Una curiosità legata all’uso dell’assenzio è il cucchiaino, creato da Henry De Toulouse Lautrec, un chiaro esempio di art deco, ancora oggi in uso senza subire modifiche esagerate. Attualmente l’assenzio viene ancora prodotto e consumato poiché modificato, anche se nel 1915 fu messo al bando perché ritenuto una droga a basso costo visto il consumo smodato.
Tiziana Gissi
Molto interessante, sia l’articolo che i quadri
buongiorno articolo molto interessante e pregno di significato complimenti
I miei complimenti più vivi! Hai reso realtà uno spaccato di quei tempi. Come oggi per il vino a basso costo ci si sopprime e anestetizza l’anima così in quei tempi con l’assenzio si dominava l’anima. La si rendeva vuota, annoiata e triste, quasi si vedeva lo svuotamento dell’essenza umana attraverso un rituale negativo. Ogni tempo ha il suo assenzio.
Emanuela Ferrando
Un articolo molto interessante sia per l’argomento trattato, che per la spiegazione relativi ai quadri che rispecchiano molto bene il sentirsi “artisti”. Complimenti!
Denise Baroncini