Tiziano: vita e opere

Quale pittore ebbe il coraggio di scrivere una missiva nel 1554 all’imperatore Carlo V per lamentarsi di mancati pagamenti? Colui che per Marco Boschini, trattatista del diciassettesimo secolo, era “il più eccellente di quanti hanno dipinto: poiché i suoi pennelli sempre partorivano espressioni di vita”: Tiziano Vecellio.

La nascita e gli inizi

Tiziano Vecellio ha un luogo di nascita certo: Pieve di Cadore. La bella casa nel centro del paese, in provincia di Belluno, assai ben conservata, è oggi visitabile. Una abitazione che denota l’agio di una famiglia alto borghese, tuttavia la data di nascita del pittore resta un mistero. Tiziano scrive in una lettera di avere novantacinque anni nel 1571, ma probabilmente, è solo un espediente per impietosire Filippo II e ottenere quanto dovutogli. Verosimilmente la data di nascita non è il 1477 ma il 1488 o il 1490, anni suggeriti anche dallo storiografo cinquecentesco Ludovico Dolce. La prima opera del giovane artista potrebbe identificarsi con il dipinto che ritrae “Jacopo Pesaro presentato a san Pietro da papa Alessandro VI” del 1503 o 1506 e oggi conservato al Koninklijk Museum voor Schone Kunsten di Anversa. Sebbene si avverta ancora stilisticamente l’influenza di Giovanni e Gentile Bellini, la piccola tela ad olio è tuttavia importante perché testimonia la precoce fama di Tiziano che riceve questa commissione dalla importante e ricca famiglia Pesaro. Sempre in età giovanile, sua fondamentale prova è la decorazione a fresco dell’esterno del Fondaco dei tedeschi, a Venezia, entro il 1508. La tradizione riportata dal Dolce vuole che la sua Giustizia fosse così bella da oscurare il lavoro del più famoso Giorgione. Gli affreschi superstiti di questo grande ciclo si possono ammirare, musealizzati, alla Ca’ d’Oro di Venezia.

1510-1520

Con la morte di Giorgione e poi di Giovanni Bellini, rispettivamente nel 1510 e 1516, iniziano per Tiziano gli anni del suo monopolio sul mercato veneziano, la sua arte si afferma senza tema di rivali e arrivano per lui le più prestigiose commissioni.

Nel 1511 possiamo ricordare i preziosi affreschi, splendidamenti conservati, della Scuola del Santo a Padova: tre episodi miracolosi della vita di Sant’Antonio sono del pittore cadorino.

Nel 1514, realizza lo splendido e famoso olio su tela “Amor sacro e Amor profano”, dono per le nozze del veneziano Niccolò Aurelio, segretario del Consiglio dei Dieci. La tela fu poi acquistato nel 1608 da Scipione Borghese e oggi la si può ammirare nel museo di Villa Borghese a Roma.

Al 1516 iniziano i rapporti con la corte di Alfonso I d’Este e a Venezia gli viene commissionata una pala per il convento di Santa Maria Gloriosa dei Frari: l’Assunta.
L’imponente opera, di 6,90×3,60 metri, fu commissionata a Tiziano nel 1516 da frate Germano, superiore del Convento, e fu collocata nell’abside della chiesa conventuale nel 1518. La madonna al centro della tela, nella sua veste rossa e blu, guarda al padre e alla luce divina, ormai lontana dalla folla degli apostoli sgomenti per l’avvenimento. Un quadro giocato su una geometria netta e sul colore, il primo grande capolavoro firmato da Tiziano.

Sempre nel 1516, anche grazie alla fama del quadro, l’artista assumerà il prestigioso incarico di Pittore ufficiale della Serenissima, ruolo precedentemente ricoperto da Giovanni Bellini.

La magnificenza dell’Assunta portò al pittore una seconda commissione per la stessa chiesa: la Pala Pesaro. Fatta per lo stesso committente della tela del 1506, avrà una lunga gestazione dal 1519, anno della commissione, al 1526. Quello che colpisce in questa composizione è la complessa prospettiva laterale, una intuizione fortunata che troverà tantissimi emulatori.

Nel 1520-1522 possiamo ricordare anche lo splendido Polittico Averoldi, che ancora oggi potete vedere a Brescia, nella collegiata dei Santi Nazaro e Celso. Altobello Averoldi, nunzio apostolico presso Venezia, commissiona a Tiziano questo splendido polittico, pagato 200 ducati, ancora a scomparti, probabilmente per una specifica richiesta del committente. Le complesse figure del Cristo e di San Sebastiano con le loro pose prospetticamente ardite lasceranno un segno profondo nella pittura bresciana successiva, soprattutto in Romanino e Moretto.

Tiziano e le corti

Numerose casate nobiliari si contendevano i favori di Tiziano e le sue opere. Sicuramente uno dei piu grandi suoi estimatori era Alfonso d’Este, duca di Ferrara, legate alla sua commissione, per il suo studiolo, il cosiddetto camerino d’alabastro, numerose opere fra cui sicuramente spicca “La festa degli amorini” del 1518-1519, oggi conservato al Prado di Madrid.
Una fiumana di eroti che celebrano l’amore e la gioia di vivere.

Alfonso d’Este

Per le opere realizzate per i Gonzaga a Mantova non possiamo non citare la delicatissima “Madonna del coniglio”, oggi al Louvre. Questo capolavoro è stato realizzato per Federico Gonzaga intorno al 1530, anno difficile per il pittore che perde la moglie, morta dando alla luce Lavinia, la loro terzogenita. Dopo questo doloroso lutto il pittore deciderà di non sposarsi più.

Anche il Signore di Urbino, Francesco Maria I Della Rovere, si fece ritrarre dal maestro Veneto nel 1537 e, sempre per questa corte, su commissione di Guidobaldo II della Rovere, figlio di Francesco Maria, Tiziano creò uno dei suoi capolavori: la Venere di Urbino, ideale di bellezza femminile che attraverserà i secoli, tanto da essere omaggiata anche da Manet con la sua Olympia del 1863.

Sempre nel 1530 ci sarà un avvenimento importante che cambierà il destino dell’artista: grazie alla mediazione dell’ intellettuale Pietro Aretino a Bologna avverrà l’incontro con l’imperatore Carlo V. La grande serie di ritratti di Tiziano immortalano il sovrano, donandogli una vera e propria immagine ufficiale. Ricordiamo lo splendido “Ritratto a cavallo”, oggi al Prado, e, nello stesso museo, anche il più intimo “Ritratto con il cane”.

La svolta degli anni 1540-1550

A partire dagli anni 40 del Cinquecento, la pittura di Tiziano cambia: nuovi modi e nuovi talenti nascevano a Venezia e Roma, fra tutti Tintoretto e Michelangelo da qui Vecellio muta con sensibilità e precocità il suo modo di fare arte. Se ad esempio nella “Incoronazione di spine” del 1542-1543, oggi al Louvre, la lezione michelangiolesca è recepita nel gigantismo delle figure in altre tele come nella serie delle “Storie bibliche” per la chiesa di Santo Spirito in Isola, si avverte il confronto con Tintoretto. In questo ciclo del 1542-1544, oggi nella sagrestia di Santa Maria della Salute, la pennellata diventa più impetuosa, si perde la serenità colorista degli inizi per andare verso una pittura serotina e inquieta.

“Incoronazione di spine”

Le ultime opere

Negli ultimi anni di attività, il pittore è sempre più legato alla commitenza della corte spagnola di Filippo II per cui esegue, ad esempio sei versioni della Danae.
Opera testamentaria dell’artista, particolarmente toccante, è “La Pietà”, oggi conservata alla Galleria dell’Accademia di Venezia.

“Pietà”

Tiziano esegue questa grande opera in cambio di una sepoltura nella Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari. Dissapori con i frati però gli fanno interrompere il dipinto che sarà ultimato, ma solo in minima parte, alla morte dell’artista da Palma il Giovane.

L’opera è pensata come un ex voto per la peste del 1576, causa della dipartita di Tiziano il 27 agosto. Nella tela, in basso a destra, è raffigurata una tavoletta che recita “Donna abbi pietà dei nostri peccati perché ti dipinsi bene”: in una scena di morte e notte le parole di speranza rivolte alla Vergine. Accanto allo stile abbozzato e sfilacciato tipico della maturità dell’artista colpiscono due rimandi. La nicchia architettonica che fa da sfondo alla scena ha un forte richiamo alla classicità deviata dalla maniera di Giulio Romano e il mosaico del catino absidale rimanda a Giovanni Bellini.

Nuovo e vecchio insieme, ancora una volta a scrivere la parola ultima del suo gesto artistico, non possiamo quindi che concludere con le parole del grande Erwin Panofsky che scrisse a proposito di Tiziano “Nessun altro grande artista si appropriò di tanto facendo così poche concessioni; nessun altro grande artista fu tanto flessibile pur restando completamente sé stesso”.

Articolo di Giorgio Panigati – Instagram: Lessisabore80

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