Piero Manzoni: chi era?
A 90 anni dalla sua nascita, Piero Manzoni è ancora oggi considerato uno degli artisti più discussi del Novecento. Attraverso opere che potrebbero risultare discutibili per alcuni di voi, ha lasciato un’impronta indelebile nella Storia dell’Arte.
Ma chi era veramente Piero Manzoni? Un genio dell’arte o un personaggio eccentrico desideroso solo di attirare l’attenzione? Scopriamo di più su questo artista esplorando le sue opere; spetterà a voi giudicarlo. In ogni caso, è certo che Piero Manzoni continuerà a far parlare di sé per moltissimi anni ancora.
Piero Manzoni: biografia
Nato a Soncino (in provincia di Cremona) il 13 luglio 1933, Manzoni cresce in un ambiente cattolico e aristocratico, trascorrendo la sua infanzia e adolescenza tra il paese natale e Milano.
Dopo aver conseguito la maturità, si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza presso l’Università Cattolica di Milano, sviluppando interesse per la letteratura, i concerti, il cinema e il teatro. Questi interessi lo avvicinano gradualmente al mondo artistico, in particolare alla pittura e all’astrattismo.
Capisce ben presto che l’ambiente giuridico non fa per lui e, nel 1955, decide di iscriversi alla facoltà di Filosofia a Roma. Tuttavia, già alla fine dell’anno, ritorna a Milano senza completare gli studi: il suo vero desiderio è quello di diventare un artista.
A partire dalla seconda metà del Novecento proprio a Milano nascono nuove correnti che vanno contro le tradizioni artistiche convenzionali dando vita a movimenti come lo Spazialismo, di cui il principale esponente era Lucio Fontana, grande amico di Manzoni, l’Arte Concettuale e il Minimalismo.
Manzoni è attratto da questo fervore artistico e decide di abbracciare l’arte dell’astrazione e della provocazione, sfidando le convenzioni artistiche e creando opere che hanno sconvolto il pubblico e lo hanno spinto a riflettere sulla natura dell’arte stessa.
Attività artistica e morte precoce
Nel 1956, Manzoni produce opere con impronte di oggetti, utilizzando olio e materiali eterogenei su tela; l’anno successivo espone le prime opere in mostre collettive. Alla fine del 1957, emergono i primi “quadri bianchi”, che, da semplici opere in gesso, si evolvono in tela e caolino, intitolati successivamente Achrome.
La carriera di Manzoni prosegue con una serie di opere sempre più famose, e nel 1958 riesce a esporre in una mostra personale in Olanda. A partire dall’anno successivo, la sua attività artistica si intensifica ulteriormente. Realizza le famose Linee, ovvero una semplice linea nera tracciata su un foglio rettangolare, poi arrotolato e chiuso in un cilindro su cui viene riportata la lunghezza della linea.
Sempre nello stesso anno pubblica il primo numero della rivista d’arte Azimuth, fondata proprio da Manzoni con la collaborazione di un altro artista a lui molto vicino, Enrico Castellani, sebbene vengano pubblicati solamente 2 numeri.
Dal 1960, il suo stile diventa decisamente provocatorio, e tra le sue opere compaiono creazioni come Fiato d’artista, ovvero dei semplici palloncini da lui gonfiati e sigillati su una base di legno. Successivamente nasce l’idea della Consumazione dell’Arte: Manzoni incide la propria impronta sul guscio di alcune uova sode che vengono consumate durante le esposizioni. Inoltre dà origine a Sculture Viventi, ovvero delle modelle sul cui corpo pone la propria firma per poi posizionarle su un piedistallo, e nel maggio del 1961 crea quella che diventerà l’opera forse più famosa: Merda d’artista.
La carriera di quest’artista controverso giunge al termine quando, il 6 febbraio 1963, muore nel suo studio a Milano a causa di un infarto, mentre a Bruxelles aveva da poco inaugurato una sua mostra personale.


Piero Manzoni: Merda d’artista
Se vi recate al Museo del Novecento a Milano troverete esposta una delle opere più famose dell’artista: un barattolo di Merda d’artista.
Nello specifico, nel 1961 Manzoni realizzò 90 barattoli di latta, uguali alle lattine della carne in scatola, su cui applicò un’etichetta con scritto in lingua italiana, inglese, francese e tedesca: “Merda d’artista. Contenuto netto gr. 30. Conservata al naturale. Prodotta ed inscatolata nel maggio 1961”. Sulla parte superiore del barattolo è riportato inoltre un numero progressivo da 01 a 90 insieme alla firma dell’artista.
Manzoni aveva intenzione di vendere queste scatolette al prezzo equivalente di 30 gr d’oro, perché questo?
È chiaramente una provocazione. Piero voleva evidenziare come nell’arte contemporanea e soprattutto nella società ci fossero delle contraddizioni.
Il boom economico aveva portato ad un aumento del consumismo e veniva chiesto agli artisti di produrre opere sempre nuove per soddisfare le esigenze del mercato. Il collezionista da parte sua era pronto a pagare qualunque cifra, anche per opere di poco valore, pur di possedere un’opera firmata con un numero in serie.
Riflettendo quindi sul ruolo dell’artista in una società attenta solo al consumismo, sostenne che poteva anche vendere una parte di sé stesso al peso dell’oro e così fece.
Ma la scatoletta contiene davvero gli escrementi dell’artista? A svelare questo mistero è il pittore Agostino Bonalumi, amico di Piero, che nel 2007 ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera dichiarando:
“Posso tranquillamente asserire che si tratta di solo gesso. Qualcuno vuole constatarlo? Faccia pure. Non sarò certo io a rompere le scatole.”
Sarà davvero così? Per ora ancora nessuno ha aperto quelle scatolette, quindi chissà…


Piero Manzoni: Achrome
Achrome è un’altra serie di opere completamente bianche realizzata dal 1957 al 1963 o per meglio dire con le parole dell’artista “Quadri senza colore”. Il suo obiettivo non era quello di ottenere un bianco puro, ma piuttosto l’assenza del colore creando una superficie libera da influenze esterne.
Non vuole raccontare una storia o trasmettere emozioni, vuole solo mostrare la materia così com’è. Manzoni non fece altro che prendere la tela e immergerla nel caolino, argilla utilizzata per la realizzazione delle porcellane, e successivamente posta su un telaio ad asciugare.
La tela si asciuga così all’aria aperta formando delle pieghe o grinze naturali, che non sono controllate dall’artista ma è tutto lasciato alla casualità.
Piero non vuole “imprigionare” la tela creando un dipinto o un disegno, e renderla solo un supporto per l’artista dove è l’artista che decide cosa rappresentare. Egli vuole che la tela possa esprimere da sola la propria individualità diventando l’unica e vera protagonista.
Quando ci troviamo davanti a un Achrome forse non ne comprendiamo subito il senso, e ci fermiamo per capire cosa stiamo osservando. Siamo abituati a vedere la tela come supporto di un’immagine, quindi cerchiamo di interpretare i segni: che siano la piega di un vestito o le grinze che si formano sul cuscino appena ci alziamo dal letto? La nostra immaginazione inizia a viaggiare e probabilmente ce ne andiamo senza aver realmente compreso quello che abbiamo guardato.
Piero Manzoni dei suoi Achrome disse:
“La mia intenzione è di presentare una superficie completamente bianca al di là di tutti i fenomeni pittorici. Una superficie bianca che non è né un paesaggio polare, né un oggetto evocativo o bello, e neppure una sensazione, un simbolo o qualsiasi altra cosa: ma una superficie bianca, che non è altro che una superficie incolore e che molto semplicemente è.”
Articolo di: Elena Bruno