Il tempo e l’orologio nell’arte
“Presto che è tardi! Presto che è tardi!”, così diceva Bianconiglio in “Alice nel Paese delle meraviglie”. La fretta, l’ansia ci fanno correre di qua e di là senza darci il tempo di godere il momento.
Per Virgilio, grande poeta latino, il tempo spazza via tutte le cose ed ecco che allora Orazio ci consiglia di cogliere l’attimo “Carpe diem” perché il tempo fugge via veloce e più nulla ti resta in mano. Il tempo: quante volte non passa mai e quante volte arriva sera e neppure te ne accorgi!
Le definizioni sul tempo sono tantissime perché a volte il tempo supera la nostra percezione. Eppure tic…toc…tic…toc…: il tempo ha un ritmo preciso e non ci lascia scampo. Scorre inesorabile anche se non ce ne accorgiamo.
Ma esiste davvero il tempo? Filosofi di tutti i secoli si sono sempre confrontati su questa tematica ma sarà solo lo scienziato Albert Einstein a chiarirci le idee. Un giorno, Albert disse:
“Quando un uomo siede un’ora in compagnia di una bella ragazza, sembra sia passato un minuto. Ma fatelo sedere su una stufa per un minuto e gli sembrerà più lungo di qualsiasi ora”.
Certo…è proprio così: il tempo non esiste perché è solo una creazione della mente umana di cui noi non riusciamo più a farne a meno. Eppure, pur non esistendo, il tempo scandisce tutte le nostre vite, i nostri incontri, i nostri appuntamenti. Gli orologi solari, le meridiane, i campanili, gli orologi da parete e quelli da polso, quelli con le lancette, quelli digitali fino a quelli atomici che scandiscono oggi tutte le interazioni, sono solo oggetti creati dall’uomo che costellano la nostra vita. Ce ne sono di tutti i tipi e il tempo si fa arte. Così facendo speriamo di bloccare le lancette nel momento più bello per regalarci quell’istante eterno che vorremmo che non andasse più via.
Gli orologi nei dipinti
Pur incontrando numerosi ostacoli oggettivi nel rappresentare un orologio in movimento, i pittori si sono divertiti ad inserirlo nei loro capolavori.
È il caso di Salvador Dalì, una delle figure più eccentriche della storia dell’arte conosciuto come padre del Surrealismo, che, nel 1931, dipinge “La persistenza della memoria”. Sullo sfondo una veduta di Port Lligat, un tratto di costa spagnola. Dal 1930, diventa la dimora dell’artista in compagnia di Gala, di origini russe che fu sua modella, musa e moglie.
Adagiati sul litorale ci sono quattro orologi, tre di essi con una forma irreale. Sono orologi liquefatti che proseguono nella loro funzione di “contare” il tempo ma hanno perso la loro solidità. Sul quadrante dell’orologio, appoggiato per metà ad un parallelepipedo, vi è una mosca. Sull’orologio a sinistra, invece, numerose formiche di varie dimensioni ricoprono l’oggetto creando un effetto artistico. Sembra che queste formiche vogliano annullare il tempo divorandolo inesorabilmente.
Un’opera surreale ma ancora più curiosa e intrigante è l’origine dell’idea di questa opera. Secondo quanto scritto dall’artista stesso nella sua biografia, il tutto sarebbe iniziato una sera qualunque dopo aver mangiato del formaggio a pasta molle, il Camembert. Questo alimento gli avrebbe procurato un forte mal di testa costringendolo a non uscire per andare al cinema con Gala. Dal ritiro forzato in casa nasce una riflessione sulla bassa resistenza del formaggio e, in seguito, andato nel suo atelier per vedere l’opera che stava ultimando, “la veduta nel Port Lligat”, decide di inserire gli orologi proprio come degli oggetti molli per esprimere l’inconsistenza del tempo.


In “L’enigma dell’ora” di Giorgio De Chirico, una delle prime opere dedicate alle “piazze d’Italia”, l’attenzione è attratta da un orologio che si trova al centro sopra il porticato. L’opera appartiene alla Collezione Mattioli ed è conservata a Milano. Tre figure umane sono le protagoniste dell’opera: una donna che di spalle sta fotografando l’orologio, un secondo uomo seminascosto nell’ombra dell’arcata e una terza figura che si affaccia dal piano superiore. L’orologio segna le ore 14,55 e appare immobile proprio come le persone. È difficile stabilire se le lancette siano davvero ferme ma è facile intuire come tutto sia cristallizzato forse in attesa di un evento. Il silenzio è calato sopra una piazza disabitata, in una dimensione senza tempo, avvolti da una sensazione di incertezza dove tutto è in potenza ma nulla è in movimento.
L’orologio di Leonardo da Vinci


Come fanno a girare le lancette di un orologio? Quale meccanismo sta dietro? Domande che hanno sempre suscitato la curiosità di grandi e piccini ma soprattutto hanno stuzzicato l’ingegno del grande Leonardo da Vinci. In un foglio del Codice Atlantico si ritrova un disegno che raffigura il meccanismo interno dell’orologio planetario dell’Abbazia di Chiaravalle, oggi periferia di Milano.
All’interno di una struttura in legno, un peso si abbassa facendo ruotare un tamburo che a sua volta mette in movimento una serie di alberi e ruote dentate. Questo meccanismo si rende visibile all’esterno su tre quadranti: due piccoli in alto e un terzo grande al centro. I quadranti piccoli visualizzano lo scorrere delle ore e dei minuti mentre il terzo quadrante al centro rappresenta i dodici mesi dell’anno, i segni zodiacali, la posizione del sole e della luna.
Il disegno di Leonardo è stato oggi ripreso dall’Alta Orologeria degli stilisti Dolce&Gabbana, realizzando un orologio di pregevole fattura alto più di due metri. Il quadrato centrale è impreziosito da lapislazzuli e ripropone il meccanismo ideato da Leonardo secondo la teoria geocentrica in uso ai tempi. L’opera si trova ora alla Biblioteca Ambrosiana di Milano, nella sala federiciana, accanto al Codice Atlantico di Leonardo da Vinci.
Le torri dell’orologio


L’uomo ha sempre sentito il bisogno di misurare il tempo che passa per cui, fin dall’antichità, ha cercato di creare degli strumenti che permettessero di tenere sotto controllo il trascorrere degli eventi. Si è partiti dalla meridiana, impropriamente detta “orologio solare”, per poi passare attraverso la clessidra. Nel Medioevo inizia la realizzazione dei primi orologi meccanici che, da lì a poco, avrebbero iniziato ad abbellire anche molti campanili cittadini.
Uno straordinario esempio è l’orologio inserito nella torre campanaria di piazza San Marco a Venezia famoso con il nome dei “Do Mori”. Le due statue di bronzo, chiamate i Mori per via del loro colore scuro e raffiguranti due pastori, ad ogni ora colpiscono le campane con un martello. I due Mori, pur essendo simili, non sono uguali: quello di destra è “il giovane” mentre quello di sinistra, con barba, è detto “il vecchio”.
Il Moro vecchio batte le ore due minuti prima dell’ora precisa per indicare il tempo passato mentre il giovane due minuti dopo per segnare il tempo futuro. Oltre alle ore, la torre è dotata anche di un raffinato quadrante di 4,5 metri di diametro che segna la fase lunare e la posizione del sole rispetto ai segni zodiacali. La statua della Madonna in trono divide le due porte. Da queste due porte escono ed entrano, solo il giorno dell’Epifania e all’Ascensione, delle statue di legno: un angelo che suona una tromba e i tre Re Magi.
Il risultato complessivo ottenuto alla fine dell’opera era talmente pregevole che, secondo una leggenda, si dice che l’orologiaio sia stato accecato dagli Inquisitori di Stato così da non poter più creare un altro modello uguale o superiore.


Altra importante torre dell’orologio, soprannominata “Big Ben”, è il monumento simbolo di Londra, conosciuto in tutto il mondo.
I lavori per la costruzione della Torre sono iniziati nel 1834 e sono proseguiti fino al 1858. Sono stati impiegati 850 metri cubi di pietra e 2.600 metri cubi di mattoni. La torre è dotata di cinque campane: una grande chiamata Big Ben, la più famosa, e quattro più piccole poste sotto la maestosa campana. Il Big Ben pesa 13,7 tonnellate, è alto 2,2 metri e ha un diametro di 2,7 metri. Il martello che la colpisce pesa 200 kg.
Ad ogni rintocco emette un “mi” come nota musicale, mentre le quattro campane più piccole suonano ogni quarta d’ora e, emettendo le note musicali del “sol”, “fa diesis”, “mi” e “si”, compongono una melodia di William Crotch, un musicista londinese dell’ultima metà del ‘700 che la compose a soli 11 anni.
I quattro quadranti dell’orologio, uno per lato, hanno un diametro di circa 8 metri ciascuno, la lancetta delle ore 2,7 metri mentre quella dei minuti 4,3 metri. Alla base di ogni quadrante è riportata un’iscrizione in latino: “Domine salvam fac reginam nostram Victoriam primam” ovvero “O Signore, salva la nostra regina Vittoria I”.


In questa carrellata di orologi è impossibile non citare la torre dell’orologio di Berna o “Zytglogge”, proclamata come patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. Inizialmente la torre era stata costruita tra il 1218 e il 1220 come porta della città ma in seguito venne utilizzata come prigione. Soltanto in un secondo tempo, dopo l’incendio scoppiato nel 1405, la fortificazione diventa la torre dell’orologio.
Oltre all’orologio datato 1530, la costruzione ospita anche un famoso astrolabio e un carillon che pian piano, nel tempo, acquista nuove figure sempre più spettacolari.
All’avvicinarsi dell’ora, il gallo annuncia per tre volte, ai tanti visitatori, l’inizio della processione delle figure meccaniche. Gli orsi, simbolo della città, sono i primi a girare: tengono in mano armi e strumenti musicali e indossano i colori della città; segue poi il giullare che, con un buffo ballo, annuncia l’ora in anticipo. Il tempo viene scandito ogni quarto d’ora mentre Crono, il dio del tempo per i greci, gira la sua clessidra. A battere il tempo, con un martello, è Hans von Thann, una figura cavalleresca dorata che si trova in cima alla torre.
Sotto l’orologio, un astrolabio del 1530 segna la posizione esatta della terra al centro dell’universo circondata dal sole, dalla luna e dalle stelle. Al di sopra dell’astrolabio, si trovano affrescate cinque divinità planetarie appartenenti alla mitologia romana. Come tutti i più grandi monumenti, dietro vi è una leggenda: si dice che Albert Einstein, la cui casa si trova a poche centinaia di metri dalla torre, avrebbe tratto ispirazione proprio da lì per elaborare la sua famosa teoria della relatività.
L’orologio, dunque, da sempre va oltre la sua semplice funzione di misurare il tempo e si integra nell’arte. È un oggetto che sa conquistare tutti perché tutto ruota attorno a lui!