Padova, la città di Giotto

Giotto e Padova, conosciuta come la città della cultura, della scienza, del sapere,  fin dal 1222 ospita l’Università degli Studi, un’università statale fra le più antiche in Europa e nel mondo. L’Università di Padova non nasce con un editto papale o dell’Imperatore, ma per la massiccia trasferta da Bologna di docenti e studenti alla ricerca di una maggiore libertà accademica.

Ma Padova oggi è anche famosa per essere la città dei “tre senza”. A Padova c’è una delle piazze più grandi d’Europa che si chiama Prato della Valle ma è un prato senz’erba perché è una piazza adibita al mercato. Padova è famosa anche come “Città del santo”. Chi è il Santo senza nome? Sant’Antonio a cui è intitolata la Basilica. E il caffè senza porte dove si trova? Sempre a Padova. È il caffè Pedrocchi realizzato nell’800 e che fino al 1916 era aperto giorno e notte.

Padova, però, non è solo la città dei “senza”: dall’estate del 2021 il ciclo degli affreschi del XIV secolo sono entrati a far parte del Patrimonio dell’umanità dell’UNESCO. Il grande artista che ha reso celebre Padova in tutto il mondo è Giotto e la “sua” Cappella degli Scrovegni

Ritratto di Giotto

Breve introduzione a Giotto

Giotto è uno dei più grandi artisti italiani, uno tra i più conosciuti ma con una vita raccontata con tanti “forse” e ”probabilmente”. Sicuramente molto apprezzato già dai suoi contemporanei, Giotto da Bondone, forse diminutivo di Ambrogio o di Angelo, è nato a Colle di Vespignano tra il 1266 e il 1267. È figlio di una famiglia di contadini trasferiti a Firenze.

Si narra che, fin da piccolo, Giotto diventa allievo del Cimabue nella bottega di Firenze vicino a Santa Maria Novella. Verso la fine del 1200, apre una sua bottega propria ed è in questo periodo che la fama di Giotto cresce facendosi apprezzare per i lavori compiuti ad Assisi e a Roma. Questa notorietà lo porta a lavorare a Padova per affrescare la Cappella degli Scrovegni oltre ad altre opere in tutta la città.

Conclusi i lavori a Padova, trascorre cinque anni a Napoli per poi ritornare a Firenze ed iniziare i lavori per la costruzione del campanile del Duomo. Non riuscirà a concluderlo perché muore l’8 gennaio del 1337

Cappella degli Scrovegni, Padova

La Cappella degli Scrovegni

La Cappella degli Scrovegni intitolata alla Vergine Annunciata ed in seguito a santa Maria della Carità, apparteneva al Palazzo della famiglia Scrovegni poi distrutto. Enrico Scrovegni, un ricchissimo banchiere padovano, acquista in seguito il terreno e nel 1302 inizia la costruzione dell’edificio in espiazione dei peccati del padre Reginaldo Scrovegni, famoso usuraio condannato nell’Inferno nella Divina Commedia di Dante.

L’edificio aveva come scopo quello di accogliere le spoglie mortali di Enrico stesso e dei suoi discendenti. Gli artisti che hanno lavorato a questo progetto rispondono ai nomi più importanti dell’epoca: Giovanni Pisano, autore delle tre statue d’altare, e Giotto per la decorazione pittorica delle pareti. A quell’epoca Giotto era già un artista affermato per i suoi interventi pittorici in Assisi e a Roma e già noto in città per i lavori eseguiti nella Basilica di S. Antonio e nel Palazzo della Ragione.

Ma il suo capolavoro sono gli affreschi nella cappella Scrovegni, realizzati tra il 1303 e il 1305, dove Giotto concepisce le pareti come le pagine di un libro. Si legge da sinistra a destra e dall’alto in basso. Iniziando con le storie dei genitori di Maria, Gioacchino ed Anna, per passare alla vita di Maria e alle vicende della vita di Gesù, la sua Passione e Resurrezione, fino al Giudizio Universale.

La Storia della Salvezza quindi si sviluppa su due differenti percorsi: il primo riguarda le Storie della Vita della Vergine e di Cristo affrescato lungo le navate e sull’arco trionfale mentre il secondo racconta i Vizi e le Virtù e si conclude con il Giudizio Universale collocato sulla controfacciata. Tutti i critici convergono nel giudicare questo lavoro come un capolavoro della pittura mondiale.

Adorazione dei Magi, particolare della cometa, Giotto, Cappella degli Scrovegni

La cometa di Halley 

Giotto non è stato semplicemente un grande artista in campo pittorico superando la bidimensionalità e aprendo lo spazio ad accenni di prospettiva ma anche un appassionato di astronomia introducendo, per la prima volta, nell’“Adorazione dei Magi”, la stella cometa all’interno della scena della Natività. Tutto inizia qualche anno prima, siamo nel 1301, quando Giotto osserva in cielo il passaggio di una cometa dalla lunga e luminosa scia, poi forse attribuita alla “cometa di Halley”. Questo fenomeno ha incuriosito talmente tanto il nostro artista da averla poi raffigurata all’interno della scena sostituendo la rappresentazione classica della stella a punte di Betlemme con una palla di fuoco centrale avvolta da una scia luminosa. Per renderla ancora più reale, Giotto ha utilizzato anche un particolare pigmento a tempera oltre a polvere di oro.  

Crocifisso di Giotto, Padova

Il crocifisso di Giotto

Giotto realizza almeno anche 3 famosi crocifissi: il primo intorno al 1295 per la chiesa di Santa Maria Novella a Firenze, il secondo intorno al 1301 a Rimini e il terzo e ultimo per la Cappella degli Scrovegni intorno al 1305, datazione contemporanea al ciclo degli affreschi.

È un dipinto su due lati e presenta una spiccata ricchezza decorativa. Sia l’utilizzo dei colori smaltati sia l’uso di una tavola di pioppo sagomata in stile gotico fanno di questo lavoro un unicum. Tutto il profilo della croce è percorso da intagli dorati conferendo un’eleganza ornamentale all’opera. La figura di Cristo è caratterizzata da forti tratti realistici evidenziandone la sua natura umana: i piedi sono sovrapposti, il capo reclinato, le mani aperte con le dita piegate.

All’estremità dei due bracci, la cornice presenta parti sporgenti di forma tondeggiante dove trovano posto le figure di Maria e Giovanni in atteggiamento sofferente.

Nella parte alta della cornice, detta cimasa e che solitamente rappresenta il trionfo di Cristo, è raffigurato il Redentore.

Nella parte bassa della cornice, la croce è conficcata nella roccia nella quale si nota una tomba con un teschio. Si rappresenta così il monte Golgota, detto anche Calvario etimologicamente dal latino Calvarius “luogo del cranio”. Attualmente, dopo un accurato restauro, il crocifisso è conservato ai Musei Civici di Padova agli Eremitani.

Busto di santa. Giotto, Basilica di Sant’Antonio
A lato della statua della Madonna, il profeta Isaia e Davide. Giotto, Basilica di Sant’Antonio

La Basilica di sant’Antonio

Non solo la Cappella degli Scrovegni ma anche la Basilica di Sant’Antonio nasconde opere dell’artista fiorentino che testimoniano la sua presenza in città ancor prima di aver lavorato alla Cappella degli Scrovegni.

Il luogo esatto dove si ritrovano le opere è la Cappella della Madonna Mora. Essa appartiene all’antica chiesetta di Santa Maria Mater Domini, che nel 1229 era stata donata dal vescovo di Padova Jacopo Zeno al frate portoghese Antonio. In questo luogo Antonio celebrava la Messa, confessava e pregava e proprio qui è stato sepolto nel 1231. Nel 1232 viene proclamato Santo da papa Gregorio IX. Da questa cappella si è poi sviluppata l’intera Basilica come la conosciamo ancora oggi.

Recentemente, durante i lavori di restauro, sono stati attribuiti a Giotto l’intervento pittorico che avrebbe eseguito attorno al 1302-1303. In particolare, le opere del pittore fiorentino sarebbero due imponenti figure, rappresentanti il profeta Isaia e David che reggono nella mano sinistra i cartigli riportanti citazioni bibliche collocate parte retrostante l’altare ai lati della statua con la Madonna attribuita a Rinaldino di Francia.

Recentemente un altro studio avrebbe attribuito, sempre al pittore fiorentino, otto mezzi busti di sante affrescate nel sottarco della Cappella di santa Caterina. 

Padova e Giotto: un legame indissolubile che ha fatto di Padova una delle città d’Italia con il maggior numero di affreschi e che ha dato la possibilità a Giotto di esprimere tutta la sua genialità rivoluzionando totalmente la pittura.

Articolo di Canti Franca

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