Le illusioni ottiche come forma d’arte
Il gioco dell’artista è sempre stato quello di ingannare l’occhio dell’osservatore attraverso un uso attento delle linee, dei colori e delle forme. Le illusioni ottiche sono state spesso utilizzate per celare un secondo significato, segnato da un fondo di trasgressione che supera i limiti concessi dalla cultura nelle varie epoche.
Quali sono le tecniche più famose?
Nel corso dei secoli gli artisti hanno messo a punto varie tecniche per alterare la percezione visiva. Ingannare l’occhio e dunque il cervello rielaborando esperienze che in realtà non esistono è un meccanismo esaltante.
Una delle prime tecniche, nata addirittura nel Medioevo, è il Trompe-l’oeil, letteralmente “inganna l’occhio”. È l’arte di dipingere degli scenari reali su superfici bidimensionali in grado di darci l’illusione della tridimensionalità e la percezione della profondità. Veniva utilizzato per impreziosire le pareti delle abitazioni nobili oppure nelle chiese. Spesso si usa dipingere delle finestre per rendere più grande la stanza dando l’illusione di evadere, con la fantasia, dalla realtà.
Nel Quattrocento la tecnica della prospettiva è in grado di far percepire una realtà illusoria in spazi che non esistono. È il caso di citare l’esempio di Bramante dove a Milano, nell’abside di santa Maria presso San satiro, riesce a creare in uno spazio di soli 97 cm una profondità illusoria pari a 9,7 m.
Nella seconda metà del Cinquecento, Giuseppe Arcimboldo, a Vienna, dipinge un ciclo di quadri allegorici denominati “Le quattro stagioni”. In tali opere, Arcimboldo ha saputo creare due volti di uomini e due di donne attraverso la raffigurazione di vari ortaggi e frutta.
Solo per fare un esempio, il profilo dell'”Estate” è composto da un verde cetriolo per il naso, una rosea pesca per le guance, foglie e frutti per i capelli. Aglio, zucchine, cipolle, pomodori, spighe di grano e carciofi completano il quadro e lo trasformano in un tripudio gastronomico. La tecnica utilizzata si basa sulla “pareidolia” cioè una rielaborazione fantastica delle cose attuata dal nostro cervello che conduce alla creazione di immagini illusorie. È lo stesso meccanismo che succede nel nostro cervello quando, guardando delle nuvole, si ha l’illusione di vedere volti o figure o oggetti.
Un’altra tecnica di inganno ottico è l’“anamorfosi” cioè una deformazione dell’immagine dove il rapporto altezza-larghezza viene meno. Per ricostruire correttamente l’immagine occorre posizionarsi in un determinato punto oppure usare uno specchio cilindrico o conico.
Il primo ad applicare il principio dell’Anamorfosi è stato il grande Leonardo da Vinci il quale, nel Codice Atlantico, parla delle deformazioni prospettiche. In un disegno osserviamo il viso di un bambino e un occhio molto deformati che possono essere ricostruiti nella loro realtà solo attraverso appropriate tecniche. Nell’Ottocento le illusioni diventano oggetto di ricerca sistematica grazie allo sviluppo della psicologia sperimentale.
Che cosa è l’optical art?
Verso la fine degli anni ‘50, in Europa e negli Stati Uniti nasce una nuova corrente artistica chiamata Op Art. Questa nuova arte si basa sullo studio e la sperimentazione del fenomeno della visione per individuare i rapporti precisi di causa ed effetto che si stabiliscono tra immagine e sguardo cioè tra soggetto e oggetto.
Per gli artisti dell’Op Art non vi sono fenomeni emotivi di fronte a immagini, colori e forme, ma precise regole percettive universali da studiare e scoprire. È una corrente di arte astratta che trova il suo punto di partenza nello studio della percezione visiva affondando le proprie radici nel fascino del movimento.
È un’arte che unisce la ricerca scientifica all’armonia delle forme giocando sull’incontro tra figure geometriche e colori diversi. Linee, trame e colori sono in grado di ingannare l’occhio umano. E il risultato è garantito: opere in movimento con l’illusione della tridimensionalità.
Opere che offrono al visitatore varie possibilità di interpretazioni e letture coinvolgenti e affascinanti; immagini nascoste o deformi che hanno un alto potere immaginifico sulla mente degli uomini.
Nel 1965, una grande mostra organizzata al Museo d’Arte Moderna di New York, suggella la consacrazione di questa nuova corrente.


Anche la street art può illudere?
Negli anni ‘80, l’artista Kurt Wenner inizia a mettere in pratica lo street painting in 3D.
Durante gli anni ‘90, Julian Beever applica la tecnica vinciana dell’anamorfosi alla street art. L’artista, specializzato in opere tridimensionali di grande impatto ottico, dipinge i marciapiedi dei più importanti paesi del mondo creando effetti altamente realistici.
Immagini distorte che risultano perfette solo se guardate da una precisa angolazione.
E come dimenticare l’artista tedesco Edgar Mueller? Le sue opere colpiscono l’occhio del visitatore per la forte teatralità ispirate alla forza incontenibile della natura: cascate e crepacci che fanno trattenere il respiro.
E l’elenco potrebbe continuare con altri artisti del calibro di Eduardo Relero, Leon Keer, Tracy Lee Stum e altri personaggi che sanno rendere le piatte superfici dei marciapiedi in opere che, attraverso varie illusioni ottiche, rendono incerto il passo nel timore di cadere in una cavità senza ritorno.
Chi sono i maestri delle illusioni nel Novecento?
Gli artisti sono degli illusionisti visivi e la loro abilità sta nel far vivere all’osservatore una realtà immersiva che li coinvolga completamente dando l’illusione di vivere in pienezza il momento. Vale la pena ora, citare alcuni nomi dei nostri tempi che, con tecniche diverse, hanno saputo ingannare i nostri occhi.
Maurits Cornelis Escher
Una delle principali abilità del grafico-incisore-pittore olandese è giocare con i piani. Escher rappresenta, nelle sue xilografie, diversi elementi del visibile o elementi derivati da modelli topologici accostati in modo da essere ripetuti all’infinito arrivando ad alti livelli fantastici e simbolici. Questa sua peculiarità crea nel visitatore una tale curiosità fino a perdersi nella complessità geometrica. Mondi diversi che si fondono superando il limite della fisicità trasformandosi in contenitori infiniti di realtà complesse.
È il caso della “Mano con sfera riflettente” dove, attraverso un gioco di specchi convessi, la sfera ci restituisce l’ambiente circostante e il raddoppio della mano dell’artista stesso creando un connubio tra ciò che è reale e ciò che è semplicemente un riflesso.
Salvador Dalì
Lo spagnolo Salvador Dalì, uno dei più grandi “surrealisti”, ha saputo incantare l’innocente occhio dell’osservatore con un’opera degna di molte attenzioni.
L’opera si chiama “Cigni che riflettono elefanti” e, in apparenza, è dipinto un paesaggio roccioso, un piccolo stagno e alcuni alberi spogli che lo circondano. Al centro tre cigni che, elegantemente, si specchiano nell’acqua ma ad un occhio attento non sfugge un gioco molto affascinante.
Grazie al riflesso dei tre cigni succede qualcosa di inaspettato: appaiono tre elefanti che contrastano la leggerezza dei leggiadri volatili. I lunghi colli si trasformano in proboscidi, le ali diventano enormi orecchie e i tronchi degli alberi sembrano allungare la figura oltre il dipinto.
È un quadro molto riflessivo che obbliga l’osservatore a non fermarsi semplicemente a quello che si vede ma ad andare oltre cercando il particolare che rende il tutto più magico.
Victor Vasarely
L’ungherese Victor Vasarely si è formato alla Bauhaus-Germania ed è stato il protagonista dell’arte cinetica negli anni ‘50. Nel 1937, all’inizio della sua carriera, ci incanta con una sua opera di grande movimento: “Zebra”.
Tutto è giocato su una serie di inganni ottici data dalla fusione di una prospettiva multidirezionale dove linee bianche e nere si alternano in uno spazio indefinito creando un moto perenne. Le forme geometriche diventano simboli spaziali dove la distinzione tra reale e irreale viene meno ottenendo un effetto tridimensionale.
Octavio Ocampo
Octavio Ocampo, l’artista messicano delle illusioni, ha la capacità di produrre all’interno dei suoi quadri due, cinque, dieci, mille dipinti che si intrecciano tra loro contribuendo a dar vita ad una figura armoniosa più grande. Solo allontanandosi dal dipinto si arriva comprendere il soggetto finale composto da tutti i singoli dettagli.
Nelle sue opere diversi mondi paralleli si sovrappongono creando un effetto illusorio di visioni infinite attraverso un gioco di luci che conducono l’occhio del visitatore oltre l’apparenza. Volti che si incastrano in altri volti, abbracci che si trasformano in sublimi illusioni dove tutto appare ma nulla è reale. Anime che scendono e risalgono componendo un vortice che attira nell’infinito surrealismo ottico.
È un piacere tutto da vedere che coglie nel profondo ogni emozione.


Il museo delle illusioni
A Milano, nella città dove realtà e immaginazione si fondono per dare vita alle più reali fantasie, è arrivato da pochi mesi un Museo interamente dedicato alle “Illusioni”.
Un percorso dove gioco e riflessione fanno meditare sul nostro modo di percepire la realtà che supera le leggi della fisica e della biologia sconvolgendo la mente in sconfinate fantasie. Cinque stanze per provare con piacere illusioni che in natura non esistono.
La possibilità di crescere e di restringersi semplicemente camminando, è l’esperienza che si vive nella sala “Ames”.
Oppure la sala “Ruotata” che dà la sensazione di capovolgersi facendo perdere l’equilibrio come se tutto ruotasse attorno a noi o, ancora, la macabra esperienza di vedere la propria testa servita su un piatto.
La sala della “Sedia”: una esperienza che ci ricorda come l’uomo si rende conto della propria dimensione solo confrontandosi con gli oggetti che stanno attorno. E, a conclusione del percorso, una serie di illusioni ottiche che affascinano e coinvolgono lo spettatore.
Un’emozione unica nella città dove le fantasie incontrano il reale e si trasformano in magia.
Illusione: il cammino dell’occhio che si sposta sull’immagine crea l’illusione di superare la realtà statica per giungere nell’incantato mondo della magia dove l’immaginazione riempie ogni spazio.
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