Joan Miro’ – Curiosità e aneddoti
Joan Miro’: l’artista che assassinò la pittura


Il carnevale di Arlecchino – 1924-1925 – 66×93
Joan Miro’, nato a Barcellona nel 1893, ha voluto “assassinare la pittura” e il cavalletto, in favore di forme di espressione artistiche che andassero oltre la tela, dagli arazzi alla ceramica.
Mirò possiede un innato senso del colore, riuscì a vincere con la sua caparbietà tutti gli ostacoli di un ambiente culturalmente ristretto, i divieti del severo padre che lo avrebbe voluto ragioniere e la povertà dei primi anni, fino alla scoperta dell’ambiente artistico cosmopolita parigino degli anni Venti del Novecento.
Jacques Prevert definì Mirò “un innocente col sorriso sulle labbra che passeggia nel giardino dei suoi sogni”.


Ritratto di Vincent Nubiola – 1917 – 104×113
UN RAGIONIERE CHE DIVENTA PITTORE
Joan Miro’ fin da giovanissimo era appassionato di disegno e pittura, ma su consiglio del padre intraprese studi economici. Iniziò a lavorare come contabile in una drogheria ma in seguito ad un esaurimento nervoso, decise di seguire la sua vocazione, dedicandosi a tempo pieno all’arte.
Nel 1912 a 19 anni si iscrisse all’Accademia di Belle Arti.
Nel 1920 si stabilì a Parigi
Entrò a far parte del circolo artistico dei pittori di Mont Martre dove conobbe Pablo Picasso, più vecchio di lui di 15 anni. Fu Mirò che avvicinò il grande e famoso artista spagnolo regalandogli una torta tipica catalana di cui Picasso era ghiotto. Nacque così un’amicizia che durò per tutta la vita.
Conobbe anche il dadaista Tristan Tzara; queste figure giocheranno un ruolo chiave nel suo percorso di formazione artistica. Dietro suggerimento del padre del Surrealismo Breton, dà vita ad una pittura priva di effetti prospettici con forme in piena libertà.


La Fattoria – 1921-1922 –123,8×141,3
Il pittore amava la boxe e si allenava con Ernest Hemingway; gli vendette la sua opera “La Fattoria” che fu successivamente donata alla National Gallery di Washington dove si trova tuttora.
UN NUOVO STILE
Mirò elaborò presto uno stile personale caratterizzato da colori brillanti, forme fluide e oniriche, oggetti fluttuanti e un uso della calligrafia. Fu comunque influenzato dal Cubismo, dal Fauvismo e dal Surrealismo. Le sue opere si distinguono per i colori vividi e intensi e per le forme astratte che inizialmente potrebbero sembrare naif, rivelandosi poi di grande complessità.
Altrettanto importante è l’influenza di Marcel Duchamp grande innovatore dell’arte del primo Novecento, grazie ai suoi oggetti ritrovati e trasformati. Nelle opere di Mirò si riconoscono martelli, rubinetti, cappelli di paglia, tronchi d’albero, arti di bambole, insetti, pezzi di strumenti musicali, e tante linee curve.


Risveglio all’Alba – 1941 46×38
Mirò fece largo uso del cosiddetto “automatismo psichico” una tecnica tanto cara al movimento Surrealista a cui Mirò si avvicinò senza tuttavia mai appartenere totalmente. Si tratta di una forma di disegno automatico in cui la mano è libera di correre sulla tela senza alcuna mediazione del pensiero, per dare voce all’inconscio dell’artista.
Durante i prima anni a Parigi, Mirò visse in estrema povertà; alcune sue opere di questo periodo sono frutto di una particolare “tecnica”: le allucinazioni causate dalla fame. Alcune figure sono infatti nate durante i giorni in cui l’artista, senza soldi, poteva permettersi di mangiare solo qualche fico secco.
L’ESPERIENZA A NEW YORK
Nel 1941 visitò per la prima volta gli Stati Uniti in occasione della sua mostra al Museum of Modern Art di New York.
Nel 1944 cominciò a realizzare ceramiche e a poco a poco iniziò a cimentarsi con la scultura. All’inizio si trattava di terrecotte, poi divennero anche opere di grandi dimensioni, realizzate in bronzo.


IL PERIODO DEI MURALES
Nel 1947 negli Stati Uniti realizzò un enorme Murale all’Hotel Hilton di Cincinnati. Da questo momento fece altre opere di grandi dimensioni, spinto dal desiderio di comunicare con un grande pubblico. E così fece un murale per l’Università di Harvard e due grandi decorazioni murali in ceramica, il MURO del SOLE e il MURO della LUNA per l’edificio Unesco di Parigi.


Murale Hotel Hilton Cincinnati – 1947
L’esigenza di rivolgersi ad un pubblico sempre più ampio è confermata anche dalla produzione di stampe.
Ma la vera felicità arrivò nel 1956 quando si trasferì a Palma di Maiorca dove aveva sempre desiderato vivere. Nonostante la fama mondiale acquisita, Mirò rimase sempre una persona modesta, riservata, totalmente dedita al lavoro, continuando sempre a sperimentare nuove tecniche fino agli ottant’anni.


Muro della Luna 1958 Palazzo dell’Unesco – Parigi
I RAPPORTI CON LE ARTI
Percorrendo la carriera del pittore, sono evidenti i rapporti di Mirò con le altre arti: la letteratura (fu amico di Ernest Hemingway); la musica (grande appassionato di jazz e di Duke Ellington che gli dedicò un famoso concerto nel 1966 nel villaggio medievale di St. Paul de Vence nel sud della Francia); la danza (fu l’artefice delle grandi tele realizzate per il boccascena dei teatri dove si esibiva la compagnia dei Balletti Russi di Sergej Djagilev.
Mirò sperimentò anche una pittura a noi più vicina, soprattutto negli ultimi anni della sua vita: quella con le mani.
A oltre ottant’anni avremmo potuto vederlo nel suo studio a dipingere anche con i piedi, camminando sulle tele stese per terra.
Articolo di Sandra EMME