I ritratti scultorei nell’antica Roma

I ritratti scultorei nell’antica Roma

I ritratti scultorei nell’antica Roma: E la tradizione delle maschere ai defunti

Sappiamo bene quanto la storia antica abbia da insegnare e quanto sia fondamentale la sua conoscenza per poterla comprendere a pieno.

Con questo articolo vogliamo raccontarvi l’arte funeraria nell’antica Roma tra curiosità e verità.

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E bene capire prima, come gli antichi romani si ponevano nei confronti dell’arte, le influenze ricevute da parte dei popoli confinati e solo successivamente ci addentreremo in maniera più precisa alla tradizione delle maschere funerarie e al culto dei morti.

Originariamente i romani considerano le attività artistiche quasi del tutto inutili e il lavoro dell’artista era ritenuto in scarsa considerazione.

Con la conoscenza delle arti nei popoli confinati come ad esempio gli  Etruschi, che determinarono in modo notevole le tendenze artistiche, accompagnate poi dalla sete di nuove conquiste e il forte bisogno di espansione, porta Roma ad acquisire trofei e bottini di ogni sorta.

Il continuo scambio interculturale di Roma con gli altri popoli plasma un’arte mista.

Dai Greci, traggono il massimo interesse soprattutto per l’architettura, e solo successivamente alla scultura.

La prima la reinterpretano in senso funzionale, pratico attenti alle forme fondamentali delle strutture eliminando gli abbellimenti pregiati.

 Utilizzano linee piane semplificate e nuovi materiali, come il mattone e il cemento.

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I ritratti scultorei nell’antica Roma: Un altro aspetto considerevole per gli antichi romani è la commemorazione di personaggi importanti ed aristocratici, qui entra in campo la scultura e la ritrattistica.

Nella scultura, i romani conferiscono una propria cifra stilistica, le loro statue non sono idealizzate, non si presentano belle, slanciate talvolta vengono realizzate tozze e poco aggraziate.

A differenza dei greci che raffigurano le loro statue di una bellezza pari solo a quella di un Dio, non ha caso furono grandi maestri nella filosofia.

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Gli scultori romani, come abbiamo detto, idealizzano poco, sono propensi a raffigurare la realtà così come si presenta rappresentando imperatori o generali nella loro massima veridicità.

I volti catturano la vera essenza di colui che viene immortalato, pensando così di conferire a loro più carattere, cogliendoli talvolta anche nelle espressioni peggiori.

I ritratti scultorei non idealizzati con dettagli caratteristici precisi come le rughe, gli occhi profondi, sporgenti o labbra sottili restituiscono l’immagine rappresentata.

  Tutto questo ovviamente senza però perdere di vista l’influenza ellenistica che imponeva regole e canoni precisi, soprattutto per quanto concerne l’armonia generale delle forme e l’equilibrio nelle statue a figura intera.


Dopo questo breve resoconto su come gli antichi romani concepivano e approcciavano

l’arte, torniamo a noi e cerchiamo di capire meglio un altro aspetto assai importante quello legato al culto dei morti e a come veniva concepito l’ultimo saluto del caro estinto.

La Maschera Funebre

I ritratti scultorei nell’antica Roma

La parola maschera ci riporta inevitabilmente alla mente l’idea di festa legata soprattutto al carnevale o ancora meglio alle rappresentazioni teatrali della Commedia dell’Arte.

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Fin dall’antichità invece le maschere venivano realizzate per il culto dei defunti.

In molti casi sono state considerate delle vere e proprie opere d’arte che oggi

possiamo ammirare in molti musei del mondo, dalle più famose come quella di Thutankamon a quella di Omero, per passare a Dante Alighieri, Napoleone Bonaparte o Amedeo Modigliani solo per citarne alcune.

I ritratti scultorei nell’antica Roma
I ritratti scultorei nell’antica Roma

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Ma questa usanza da dove nasce?

L’usanza di coprire il volto dei defunti è pratica antichissima e tipica di varie culture.

 Un misto tra magia e credo religioso si intersecano.

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Gli antichi pensavano che la testa fosse il centro dei poteri demoniaci e potevano pervadere il defunto e diventare una minaccia per i vivi.

Con la realizzazione della maschera, il defunto era “protetto” e difeso dai demoni.

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Come venivano realizzate le prime maschere funerarie?

I ritratti scultorei nell’antica Roma: Le prime maschere venivano realizzate con materiali

resistenti all’umidità e nel contempo facili da plasmare, il primo fra questi fu la lamina di metallo come l’oro e l’argento, per passare in epoche successive a materiali anche più economici come la tela stuccata, il cartonnage, la terracotta, il gesso, la creta e la cera.

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Nel periodo Paleolitico il volto veniva coperto con un pigmento di colore ocra rosso, a ricordo del sangue e simboleggiava la forza vitale; mentre in età Neolitica il gesso sostituisce il pigmento che modellato sul cranio e sul viso del defunto creava un manufatto simile ad una primitiva maschera.

Nell’Antico Egitto la conservazione della testa aveva un’importanza assoluta e la

testimonianza è proprio dei manufatti pervenutici, maschere realizzate con materiali molto preziosi, come l’oro e pietre dure.

Successivamente con la tecnica del cartonnage.

Consisteva nella sovrapposizione di strati di lino e papiro stuccati e poi dipinti con intonaco per creare un’immagine a ricordo del defunto.

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A Micene le maschere erano realizzate con lamine a sbalzo venivano utilizzati materiali preziosi, come l’oro o l’argento.

Queste ricoprivano interamente il volto tratteggiando le caratteristiche del defunto,

e delineandone i tratti giovanili, piuttosto che le barbe, i baffi o il naso pronunciato, lungo o sottile. In questo modo veniva realizzata una sorta di “ritratto bidimensionale”.

I ritratti scultorei nell’antica Roma

E i romani quali usanze e tecniche usavano?

A Roma l’uso delle maschere funerarie è strettamente legato al culto degli avi. Si è propensi a pensare che i volti in cera degli antenati, presenti nelle domus patrizie, derivasse dai calchi dei volti dei defunti. In questo modo era possibile conservare l’immagine tridimensionale del viso del proprio parente estinto.

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Chi varcava l’atrio di una domus romana si immergeva immediatamente in un luogo assai intimo e sacro.

I ritratti scultorei nell’antica Roma

Le statue dei Lari e dei Penati, erano spiriti e divinità protettrici degli antenati, della

famiglia e della casa e venivano custoditi nel Larario e nella Penetralia, con essi venivano riposte anche le maschere in cera degli antenati defunti.

Seneca scriveva che una particolarità nobiliare consentiva, nel privilegio-diritto,

di custodire e conservare le immagini di cera dei defunti, segno di antica nobiltà queste venivano esposte e onorate in occasioni di pubblici sacrifici.

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Il defunto veniva portato in pompa magna al Foro, ed era compito del figlio maggiore proclamare l’orazione funebre e al termine si procedeva alla sepoltura.

La maschera di cera veniva posta in un reliquario di legno e portata nell’atrio della domus presso il Penatralia e Larario.

Venivano realizzate tante maschere quanti erano i figli, in modo tale da averne una ciascuno nel momento di accasarsi.

Quando un altro lutto colpiva la famiglia, le maschere degli antenati venivano indossate dai famigliari più somiglianti e si partiva alla volta del corteo funebre.

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Le maschere di cera erano successivamente riportate in materiale più durevole e questa consuetudine influenzerà molto il ritratto romano nel periodo repubblicano.

Articolo di Marina Nuzzi

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