Cattelan – esposizione Hangar Bicocca

Cattelan – Hangar Bicocca

Piccolo cenno sulla vita dell’artista:

Maurizio Cattelan, uno degli artisti italiano vivente più celebre al mondo, nasce a Padova nel 1960, in una modesta famiglia senza alcun legame con il mondo dell’arte.

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Cattelan – Hangar Bicocca: Trascorre gli anni della sua infanzia e della sua adolescenza con la passione della radiotecnica smontando in continuazione vecchi oggetti come televisori e radio. Per mantenersi e raggiungere un’indipendenza economica, fa diversi lavori come cameriere, antennista, cuoco, giardiniere ma non perdendo mai di vista la sua vera passione: creare composizioni di ogni genere e con ogni materiale.

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In gran parte autodidatta, nel creare le sue opere Cattelan si lascia trasportare dal suo talento e dal confronto con artisti conosciuti in gioventù. Spesso Cattelan inviava le foto delle sue creazioni alle gallerie d’arte di molti paesi del mondo. La prima ad accorgersi del suo genio creativo fu la Galleria Neon di Bologna e da quella esposizione collettiva degli anni ‘80, la vita di Maurizio è cambiata.

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Cattelan sa combinare nelle sue opere stupore, ammirazione e sdegno prendendosi gioco di tutto ciò che sta attorno a lui: dal mondo dell’arte ai grandi esponenti della società colpendo anche gli interessi economici.

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Sempre nelle sue opere si avverte il gusto dello spettacolo, dell’umorismo e del grottesco.  Anche la sua vita è un mix di sorprese: pur essendo molto famoso non ama essere protagonista a tal punto che, pur di non comparire in pubblico, ha rinunciato a ritirare premi importanti delegando semplicemente un amico.

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Breath Ghosts Blind

«Breath Ghosts Blind» è la mostra personale di Cattelan nella “sua” Milano.

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Una mostra dove tutto è silenzio e, nell’austero rigore dell’Hangar Bicocca, serietà e dolore si compenetrano in un’armonia da brividi. Tre opere: Breath, Ghosts e Blind, tutte del 2021, che descrivono il ciclo della vita dalla nascita alla morte passando attraverso episodi impressi nella memoria di ciascuno di noi.

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Tre: un numero non casuale che porta in sé la valenza simbolica della perfezione da una parte e il richiamo religioso alla Trinità dall’altra. Un percorso che obbliga l’animo del visitatore ad una profonda riflessione partendo dalla vita quotidiana in cui dolore e morte si succedono con misteriosa ed enigmatica ciclicità.

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Breath

Breath

Chi sono questi personaggi?

Sulle alte travi della struttura dell’Hangar, una fila di piccioni accompagna il visitatore già all’ingresso della mostra. In un ambiente quasi buio, silenzioso e grigio, due statue di marmo bianco di Carrara, illuminate da un faro circolare di luce bianca, accolgono lo sguardo meravigliato dell’osservatore:

una figura umana a terra in posizione fetale ed un cane di fronte. Entrambi distesi, forse assopiti, creano una scena intima inserita all’interno di un dialogo intenso in una dimensione atemporale.

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Chi sono questi personaggi? Cattelan non fornisce alcun dettaglio né sulla figura umana, un uomo o una donna o un adolescente, né sul cane lasciando nell’ambiguità la relazione che li unisce.

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Si può anche ipotizzare che la figura umana possa essere un senzatetto che vive ai margini della strada. Ma perché un cane? Il cane è il simbolo della fedeltà per eccellenza e, inoltre, nella mitologia il cane era l’animale che accompagnava l’uomo dalla vita alla morte.

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Cattelan accosta spesso questo animale all’idea di morte: questa scultura, infatti, rappresenta il primo o l’ultimo respiro? O si alimentano reciprocamente con soffi di vita?

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Ad uno sguardo superficiale sembrano assolutamente prive di vita ma tutto è molto ambiguo, emblema della realtà complessa che vive in ognuno di noi.

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Ghosts

Ghosts

Possono mancare i piccioni a Milano?

Questa è un’opera già proposta da Cattelan alla Biennale di Venezia del 1997 con il nome di “Tourists” e nel 2011 con il nome di “Others”.

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Cattelan – Hangar Bicocca: E anche qui, all’Hangar, migliaia di piccioni tassidermizzati osservano, appostati su alte travi, ogni movimento del visitatore. Le loro pose sono così naturali da farci pensare che da un momento all’altro potrebbero prendere il volo riempiendo di vita una stanza offuscata.

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Una presenza calma e misteriosa che crea nell’animo del visitatore una certa inquietudine facendo credere, per un attimo, di trovarci all’esterno, nel bel mezzo della vita cittadina.

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Una installazione dove il confine oscilla tra curiosità e irrequietezza ricordandoci il film capolavoro “Gli uccelli” di Hitchcock. Cattelan, però, ama dare ai suoi soggetti un’interpretazione e ricorda come nel passato i piccioni, animali peraltro intelligenti, avevano ricoperto il ruolo di messaggeri.

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Anche durante le guerre mondiali, i piccioni furono utilizzati in grandi quantità per spedire messaggi strategici, scritti su una carta leggera e legati a una zampa. Ma l’immagine del volatile è anche collegato a quella della colomba, uno dei simboli più utilizzati nell’iconografia cristiana per rappresentare lo Spirito Santo.

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E ancora: i numerosi piccioni danno l’idea di una folla indistinta che, con silenziosa presenza, fanno sentire il visitatore come una entità estranea obbligandolo ad interrogarsi sulla sua identità.

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Cattelan – Hangar Bicocca: I piccioni, animali che popolano ormai ogni piazza, via e luogo del pianeta, con una ambivalenza tra gioia e repulsione, sono amici o nemici? Sono loro o siamo noi gli intrusi? Questa situazione di precarietà si trasforma in uno spazio di passaggio tra la prima e l’ultima opera. 

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Blind

Blind

Quale speranza dietro l’angolo?

Con l’ultima opera si raggiunge il culmine della narrazione di Cattelan: un monolite, di 17 m. di altezza, in resina nera con la sagoma di un aereo che lo interseca. Maurizio racconta così il motivo della sua terza opera:

«Ero a New York il giorno dell’attacco alle Twin Towers e mi stavo imbarcando su un volo. Sono dovuto tornare a casa a piedi dall’aeroporto La-Guardia, ho impiegato ore e quello che ho visto mi è rimasto dentro. Erano scene terribili, apocalittiche, e continuo a portare con me il ricordo di quell’evento tragico che mostrava tutta la fragilità della nostra condizione umana».

È una opera di un forte impatto emotivo che fa riaffiorare quei giorni drammatici. Le dimensioni dell’opera creano nel visitatore un senso di timore: lo sguardo stupito si alza dal basso verso l’alto come avviene quando si guarda un edificio religioso.

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Anche in questo caso l’esperienza spirituale trova il suo posto: la forma dell’opera, vista dall’alto, richiama una croce da contemplare in religioso silenzio.

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E ancora, dall’alto delle travi, dodici piccioni grigi e un tredicesimo bianco al centro, in fila e ben ordinati, osservano la scena. Impossibile non vedere in questa immagine un richiamo all’Ultima Cena di Gesù, icona cristiana del passaggio dalla vita alla morte.

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È dunque un’opera che porta in sé il simbolo del dolore e della fragilità umana volgendo la nostra attenzione sulla drammaticità della morte come compagna quotidiana di vita in una società che non vuole più vedere questo aspetto.

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Conclusione

Maurizio Cattelan, che spesso amava ritrarre se stesso nelle sue opere, è un artista della comunicazione e, con i suoi lavori apparentemente semplicissimi, lascia tutti a bocca aperta.

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Alcuni lo definiscono un maestro della provocazione che si serve dei media ed abusa del mondo dell’arte, stravolge le regole della cultura e della società, passando da un limite all’altro giocando con gesti di irriverenza.

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Sempre efficace e capace di trasformare episodi negativi in spunti di potente riflessione, chiunque, dopo aver visto una sua opera, non può restare indifferente.

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E dopo tutto ciò, non resta che visitare l’installazione per immergersi nel miracolo dell’arte che sa sollecitare emozioni opposte: dolore e amore, morte e vita. 

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articolo di: CANTI FRANCA

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