Kazimir Malevic: Biografia e opere del pittore

Contesto storico di Kazimir Malevic

Kazimir Malevic: Il centro più proficuo della cultura astrattista, della ricerca e della elaborazione teorica, nonché dell’astrattismo come movimento, è stato, in un primo momento, la Russia prebellica. Qui infatti, tra il 1905 e il 1914 prima e tra il 1917 e il 1925 dopo,

l’Astrattismo si è ampiamente diffuso orientandosi in tre filoni: raggismo, suprematismo e costruttivismo.

Se il fallimento della rivoluzione del 1905 aveva seminato la sfiducia tra gli intellettuali, i poeti, gli artisti, spingendoli in posizioni d’isolamento, gli anni successivi furono molto importanti nella rivalutazione dell’arte e dei suoi cultori.

Difatti, il governo sovietico, non solo non intervenne contro le tendenze d’avanguardia, ma le favorí, incaricando i nuovi artisti di ruoli ufficiali nelle scuole d’arte, nelle accademie e nei musei,

tra cui Malevic. Egli fu infatti nominato insegnante all’Accademia di Belle Arti di Mosca nel 1917 e l’anno seguente fu chiamato da Marc Chagall, allora commissario delle Belle Arti di Vitebsk,

all’Accademia di questa città.

Nel ’19 ebbe la cattedra di pittura della Scuola nazionale d’Arte applicata di Mosca e nel ’24 diventò direttore dell’Istituto per lo studio della cultura artistica a Leningrado.

Filosofia di Kazimir Malevic

Kazimir Malevic: In questo clima, si inserisce la figura di Malevic, con il quale si ha il passo definitivo verso l’astrazione assoluta.

Per comprenderne la cifra stilistica è importante partire dalle stesse parole dell’artista, il quale cita alcune sue opere più importanti:

“Quando, nel 1913, nel corso dei miei sforzi disperati per liberare l’arte dalla zavorra dell’oggettività, mi sono rifugiato nella forma del quadrato,

ed esposi un quadro che non rappresentava altro che un quadrato nero su un fondo bianco, i critici e il pubblico si lamentarono: -È andato perduto tutto ciò che noi abbiamo amato. Siamo in un deserto. Solo un quadrato nero su un fondo bianco ci sta davanti!

– e si cercavano parole ‘schiaccianti’ per allontanare il simbolo del deserto e per ritrovare

sul ‘quadrato morto’ la preferita immagine della realtà, ‘l’oggettività reale’ e la “sensibilità morale.’

La critica e il pubblico consideravano questo quadrato incomprensibile e pericoloso… Ma non c’era altro da aspettarsi.

“L’ascesa alle altezze dell’arte non-oggettiva è faticosa e piena di tormenti, eppure rende felici. I contorni dell’oggettività sprofondano sempre più a ogni passo, e infine il mondo dei concetti oggettivi “tutto ciò che noi abbiamo amato e del quale abbiamo vissuto’ diventa invisibile. Non ci sono più ‘immagini della realtà, non ci sono piú rappresentazioni ideali, non c’è nient’altro che un deserto!

“Quel deserto però è riempito dallo spirito della sensibilità non-oggettiva, che lo penetra tutto.

“Anch’io mi sentii preso da una soggezione che assunse le proporzioni dell’angoscia,

quando dovetti abbandonare ‘il mondo della volontà e della rappresentazione’ in cui avevo vissuto e creato e nella cui realtà avevo creduto.

“L’estasi della libertà non-oggettiva mi spinse però nel “deserto’

dove non esiste altra realtà che la sensibilità e cosí la sensibilità diventò il solo contenuto della mia vita vuoto.

“Quello che io avevo esposto non era un ‘quadrato ma la sensibilità dell’inoggettività. “Ho riconosciuto che la ‘cosa’ e la ‘rappresentazione’ erano state prese per l’immagine stessa della sensibilità e ho concepito la falsità del mondo della volontà e della rappresentazione.’’

Il Manifesto del Suprematismo

Il Manifesto del Suprematismo, al quale collaborò anche Majakovskij,

fu pubblicato a Pietroburgo nel 1915, anche se Malevic, lo arricchì con ulteriori ricerche negli scritti successivi, culminando, nel 1920,

con il suo saggio piú importante intitolato ‘’Il suprematismo, ovvero il mondo della non rappresentazione’’.

Qui, la sua teoria dell’arte e la sua poetica sono enunciate compiutamente: dalle origini in poi.

Vladimir Tatlin

L’amicizia di Kazimir Malevic con Tatlin

Negli anni prebellici Malevic aveva stretto amicizia con Vladimir Tatlin, il creatore del Costruttivismo.

I due artisti, nel febbraio del 1915, organizzarono una mostra a Pietroburgo, dove esposero una ventina di opere ciascuno. Ma è proprio questa mostra che ne segnò le fratture, dove sorsero forti divergenze di natura teorica tra i due,

tanto che in una successiva esposizione, nello stesso anno, i due collocarono le loro opere in due sezioni nettamente distinte, come due nette tendenze artistiche. Questa visione non era solo una sensazione. Infatti, a differenza di Malevic, Tatlin tendeva a un inserimento pratico nella società.

Quadrato nero – Kazimir Malevic

Malevic non vedeva alcun punto di contatto tra la pura sensibilità plastica e i problemi della vita pratica: le due cose, per lui, si svolgevano in sfere completamente diverse. Come lui stesso sostiene:

“Il suprematismo scriveva tanto nella pittura che nell’architettura, è libero da ogni tendenza sociale o materialistica, qualunque essa sia. Ogni idea sociale, per grande e significativa che possa essere, nasce dalla sensazione della fame; ogni opera d’arte, per mediocre e senza significato che sia all’apparenza, nasce dalla sensibilità plastica. Sarebbe ora di riconoscere, finalmente, che i problemi dell’arte e quelli dello stomaco e del buon senso sono molto lontani gli uni dagli altri”.

In altre parole, Malevic rifiutava i contenuti della vita come ispirazione per i contenuti dell’arte. La sua ossessiva difesa della purezza plastica non riusciva piú a vedere il problema dell’arte come problema di espressione:

in tal modo l’arte rischiava di trasformarsi per lui in assenza di ogni contenuto.

Nasce da qui l’opera Quadrato nero del 1915, definita da Malevic stesso e da molti storici dell’arte come il

‘’punto zero della pittura’’ per via di un nuovo concetto di realismo pittorico, come creazione non-oggettiva.

Del quadro, l’artista ne fece altre tre versioni,

forse per sottolineare l’importanza del significato che essa rappresentava con la rottura dei soliti schemi artistici allora esistenti.

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Articolo di: ANTONELLA BUTTAZZO

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