Gladys Sica: Intervista all’artista

Presentati in breve raccontando di te, da dove vieni, la tua infanzia, ecc.


Scultrice, pittrice, poetessa e meditante sciamanica, sono calabro-argentina, nata a
Buenos Aires (1959). Ero all’ultimo anno dell’Accademia di Belle Arti quando ho
iniziato a sognare in italiano, senza mai avere studiato la lingua, i miei genitori
parlavano in spagnolo con noi e in dialetto calabrese quando parlavano fra loro. Poi
al bar, con i compagni di Belle Arti, ho iniziato a parlare in italiano spontaneamente.
Alle domande degli amici increduli ho risposto “sarà l’Italia che mi sta chiamando”.
Pochi anni dopo di aver finito gli studi come Professore di Scultura, in 1989, atterro a
Milano; la sensazione era di essere nel posto giusto al momento giusto per portare
avanti il mio sogno artistico.
Sono rientrata a Buenos Aires dopo sei anni e tornata a partire verso Milano dopo
altre quattro; questo avanti e indietro fra le due terre lo racconto nel romanzo breve
“Il viaggio dell’anima” premiato nel 2019, ma senza essere stato pubblicato ancora.

Come ti sei approcciata al mondo dell’arte?


Non ricordo un evento preciso che segni un inizio. L’arte, la poesia e la mia
personale ricerca spirituale sono i miei compagni da sempre, fin dall’età delle
elementari mi chiamavamo per disegnare nelle grandi lavagne immagini
commemorative dei giorni di festa.
Finito il liceo, la mia professoressa di Filosofia mi spingeva per l’iscrizione
all’università di Filosofia, l’insegnante di Letteratura per Lettere.
La decisione la presi non subito ma in modo inatteso, quando lessi sul libro “Gli
insegnamenti di don Juan” dell’antropologo peruviano Carlos Castaneda questo
brano: “Questa strada ha un cuore? È l’unico interrogativo che conta. Se ce l’ha è
una buona strada. Se non ce l’ha, è da scartare”.
Subito mi iscrissi a Belle Arti, senza esitazione.

Parla del tuo stile.


Per parlare del mio stile prima è buona cosa dire che all’interno della mia creazione
artistica si sviluppano quattro filoni: la scultura, la pittura, la grafica e i cartoni.
In tutti i filoni si nota questo stare in bilico fra un figurativo astrattizzante o una
astrazione figurativa. In sintesi, è un neo figurativo, a volte prevale uno, a volte
l’altro, ma normalmente convivono e si complementano più che contrapporsi.
Poi ogni tecnica e ogni materiale predispone una sfumatura propria, ma sempre mi
è attirato vedere il segno della spatolata di colore sulla tela, il segno dello scalpello o​
dell’attrezzo sull’argilla, il gesso, il marmo, il bronzo, il segno della biro o la matita
sul foglio. Forse come le tracce del vento o dell’acqua sulle rocce, del tempo sulle
cose.

Quali sono gli artisti che più ti piacciono e hanno influenzato la tua arte?


Fra gli artisti che mi hanno ispirato di più posso nominare Michelangelo Buonarroti
con le sculture non finite, come I Prigioni fiorentini o la Pietà Rondanini ora al
Castello Sforzesco di Milano e l’inglese Henry Moore con le sue grandi sculture a
metà fra l’astratto e il figurativo.
In pittura Il Greco, Pontormo e tutto il gruppo manierista italiano, ricordo come
difendevo il loro stile innovativo durante le discussioni, nell’Accademia di Buenos
Aires, con il professore di storia dell’arte. Dell’Argentina il gruppo Neofigurativo:
Deira, Rómulo Macció, Felipe Noé, Jorge de la Vega e Jorge Dermirjiàn che sembrava
il Francis Bacon argentino.
Non posso dimenticare Vincent Van Gogh, Paul Cezanne, Wassily Kandinsky, Egon
Schiele, neanche gli stupendi colori di Afro Basaldella che ho potuto apprezzare
vivendo in Italia e il lavoro dello spagnolo Miguel Barceló.
Poi Susanne Valadon e Camille Claudel sono due artiste che ho approfondito tardi,
ma mi piacciano moltissimo.


Quali sono le tue opere che ritieni più belle e significative?


Fra le opere più significative della mia pittura, “Il viaggio” olio su tela spatolato
cm140x140 e “Paesaggio sconfinato” olio su tela spatolato cm110x110.
Fra le sculture “L’anima nel silenzio del corpo” bronzo patinato 56x30x66 e
“La forza della crescita” vetroresina su acero cm125x85x45.
Tra i lavori esiguiti con tecnica mista “L’abbraccio della natura” cartone intagliato
riciclato cm75x100 e “Quale io?” disegno tecnica mista su tela cm50x70.

Quali aspettative hai per il futuro della tua carriera da artista?


Dal punto di vista umano ho fatto tante scelte giuste e coraggiose, senza dubbio,
come il rientro in Argentina per stare con i miei genitori, nonostante ero in un
momento cruciale nel quale il mio lavoro artistico stava prendendo visibilità. Anche i
lunghi anni passati in montagna, in provincia di Piacenza, per fare un’esperienza
nella natura e nella spiritualità, quando anche il mio lavoro poetico stava crescendo. ​
Sono consapevole, dal punto di vista della mia carriera di artista, che ho rischiato
con queste interruzioni; molte situazioni sono cambiate negli anni, con galleristi,
critici e collezionisti che mi conoscevano spariti della circolazione o in pensione.
Ho dovuto rimettermi in gioco, riiniziare quasi da zero; ma internamente il nucleo
del mio essere vive tutto come un’unità di arte, di psiche e di spirito, non come
compartimenti in scatole separate; la discontinuità è piuttosto pubblica, esterna.
Questo periodo che stiamo vivendo è un momento epocale di mutazione
fondamentale per la nostra civiltà e per il nostro pianeta, ora ci sono due paradigmi
di vita diametralmente opposti, uno propone una vita e un’arte svuotata e sempre
più artificiale, l’altro un ritorno al collegamento spirituale e sciamanico con la nostra
essenza vitale e creatrice profonda. Io sono dentro quest’ultima visione e non dico
che sia facile, ma è la sola che ha un cuore che pulsa.
Cosa succederà in futuro? Io faccio il mio lavoro come sempre, come se fosse
l’ultima cosa da fare sulla terra e la più importante, poi c’è bisogno che l’universo
aiuti, che molti scoprano questo fare; qualunque cosa succeda io continuerò a fare
la mia parte con tutte le mie forze, fino alla fine.

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