Body Art: Storia ed esponenti principali

Body art: Il Novecento, si sa, è stato per diversi motivi un periodo ricco di controversie, tra queste dobbiamo citare anche quelle di matrice artistica, sinonimo e specchio di una società sempre più suscettibile a repentini cambiamenti.

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Ed è proprio in uno scenario dedito alla rivoluzione di ogni settore della vita novecentesca che compare, a partire dagli anni Sessanta, tra un’arte informale e una Pop Art, l’espressionismo astratto, il color field, il neo-dadaismo, nasce la cosiddetta Body Art.

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Una nuova arte ‘’fisica’’

Tale tendenza a dare attenzione alla fisicità, a spogliarla, non solo di abiti ma anche di stigmatizzazioni e preconcetti arcaici,

è figlia di quegli anni post bellici, carichi di lotte sociali e discussioni di un sistema culturale, minato nella sua globalità.

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E in questo vento di cambiamento,

anche l’arte vuole dare un senso a ciò che essa può significare e donare, ai nuovi mezzi espressivi che può utilizzare, da dove attingere per la propria ispirazione creativa.

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La risposta fu la molteplicità delle diverse correnti artistiche che si andarono a divulgarsi, le cosiddette Neoavanguardie.

Queste hanno condotto uomini e donne a mettersi a poco a poco sullo stesso piano sociale e giuridico,

riscoprendo i propri corpi per mezzo di abbigliamenti e atteggiamenti che rompevano i rigidi schemi della convinzione culturale dei primi anni novecenteschi.

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Infatti, è proprio nei decenni dei bikini, della pillola anticoncezionale e della minigonna,

che la donna si vide libera da quelle catene che la tenevano ancorata alle concezioni antiquate in voga allora permeate.

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Body art
Orlan

A tal proposito potremmo citare Valie Export e Orlan, le quali, tra abiti provocanti all’altezza dei genitali e operazioni di chirurgia plastica, sfidarono le idee di donna come mero oggetto passivo e da esporre, capace di seguire i canoni di bellezza impostale dalla società.

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Cos’è la Body art?

Quindi, possiamo affermare che l’arte, riflesso e fonte testimone degli eventi, delle mode e delle idee a lei contemporanea, si rinnova in linea con i tempi, dando origine anche a quella espressione che noi definiamo Body Art, dall’inglese ‘’Arte del corpo’’.

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Con tale denominazione artistica, indichiamo tutte performances collettive e individuali dove i corpi degli artisti e degli spettatori divengono protagonisti assoluti assieme ogni loro piccolo movimento e impercettibile cambiamento dello stato fisico.

Una prassi artistica, quella ‘’corporea’’, già teorizzata da Allan Kaprow nel 1959.

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Ma non solo. Oltre a concepire come Body art tutte quelle forme artistiche che utilizzano il corpo quale mezzo d’espressione e/o come linguaggio,

essa ingloba, all’interno del suo più ampio significato, pure i tatuaggi, i piercing, la scarificazione, il Branding, gli impianti sottopelle, il body painting ed altre forme di modificazione corporea.

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Body art
Body Art – Notte stellata

Inutile dire che, all’interno di questa corrente, vi sono alcune forme più estreme di rappresentazione. Difatti, vi sono esempi di come e quanto certe rappresentazioni abbiano rischiato di raggiungere ogni limite del possibile (oltre che a tutti gli effetti, il limite del corpo stesso), spingendosi in pratiche autodissacranti e profanatorie del corpo umano, lontane dal culto,

quasi sacrale dello stesso celebrato da numerosi credo religiosi.

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Come abbiamo già detto, il vero protagonista scenico di tale genere espressivo artistico è il corpo umano. E non è un caso. Contrariamente a quanto detto prima, potremmo dire che il fisico non viene martorizzato bensì,

sempre lodato e celebrato, ma in maniera diversa, più in linea coi riferimenti storici accaduti.

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Non ci sarebbe da stupirsi. Scene di mutilati, la bomba atomica, le torture naziste nei campi di concentramento,

avevano deturpato visi, corpi e coscienze di più generazioni, stanche di ulteriori orrori e terrori.

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E quale medium migliore, se non proprio quel corpo usato per allestire eventi estemporanei con i suoi movimenti?

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Manifestazioni artistiche corporee pienamente sensoriali, alle quali concorrono musiche, elementi scenografici, danze, sequenze di azioni e gesti.

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Antesignani

La Body Art affonda le sue radici nell’artista francese Yves Klein. Egli fu uno fra i primi a presentare modelli nudi, raffigurati in movimento su teli colorati, assieme a Salvador Dalí, il quale coglieva nelle tracce cromatiche lasciate sulle tele dai corpi nudi e colorati lasciati agire in movimenti stimolati dalla musica, le sfumature più intime di ogni fisicità.

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Va da sé, che da allora, sono state molte le rivoluzioni apportate a tale corrente artistica e lo stiamo vedendo a poco a poco con la lettura di questo articolo.

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La critica alla Body art

Questo modo nuovo di concepire il corpo come soggetto e oggetto espressivo artistico,

capace ugualmente di provocare, di scuotere gli animi umani, non passò di certo inosservato a studiosi e critici dell’epoca.

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Citiamo ad esempio, Lea Vergine, la quale definì alcuni dei caratteri che accomunano la Body Art, nei suoi saggi più celebri dedicati a tale corrente (Il corpo come linguaggio (la Body Art e storie simili) del 1974, Dall’Informale alla Body Art:

dieci voci dell’Arte Contemporanea: 1960/1970 del 1976, Body Art e storie simili:

il corpo come linguaggio del 2000):

«la perdita di identità; il rifiuto del prevalere del senso della realtà sulla sfera emozionale; la romantica ribellione alla dipendenza da qualcuno o da qualcosa; la tenerezza come meta mancata e quindi frustrante; l’assenza (e l’angoscia che ne deriva) di una forma adulta, altruistica, d’amore».

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In un certo senso, da tale descrizione e dalle performances stesse, si evince che in queste rappresentazioni artistiche,

spesso gli autori sono ossessionati dalla necessità di muoversi in funzione del proprio essere.

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Cosa voglio dire? Mi spiego meglio.

L’artista, il performer, non è più colui che narra o rappresenta la storia di un personaggio reale o inventato,

ma è egli stesso storia e personaggio.

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In tal maniera, va a definirsi la ricerca di un’umanità non schiacciata dal funzionalismo della società,

che va oltre il concetto di acquisizione di un indennizzo.

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Le parole di Lea Vergine, vengono nuovamente in nostro soccorso: «l’importante non è sapere, ma sapere che si sa. È uno stato in cui la cultura non serve più a niente».

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E continua:

«Sbloccate le forze produttive dell’inconscio, si scatenano – in un continuo drammatizzare isterico – conflitti tra desiderio e difesa, tra licenza e divieto, tra contenuto latente e contenuto manifesto, tra pulsioni di vita e pulsioni di morte, tra voyerismo ed esibizionismo, tra tendenze sadiche e piacere masochistico, tra fantasie distruttive e catartiche».

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Perciò, i figuranti della Body Art compiono azioni meccaniche che assumono una duplice funzione:

documentativa e di indagine penetrante.

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Artisti della Body Art

Alcuni dei rappresentanti più rinomati di questa corrente sui generis,

spesso accusata di scandalo e di allontanarsi dall’idea gradevole dell’estetica, li abbiamo già citati, ma non sono tutti.

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Sono di lodevole menzione:

Body art
Piero Manzoni e la sua “Merda d’artista”

Piero Manzoni e la sua celeberrima “Merda d’artista”;

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Body art
Gina Pane

Gina Pane e le sue automutilazioni estreme con spine di rosa, lame e vetri (‘’Azione sentilmentale’’ e ‘’Les Partitions’’);

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Vito Acconci e le sue masturbazioni pubbliche;

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Body art


Ketty La Rocca, Craniologia n. 12 – 1973

Ketty La Rocca che si distingue per l’uso delle mani e di radiografie di crani nei suoi lavori;

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Body art
Hermann Nitsch – Durante una sua performance

Hermann Nitsch e i riti tra il pagano e la simbologia cristiana,

dove sventra animali morti e cosparge i corpi dei suoi aiutanti con sangue e interiora;

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ancora, la sperimentazione tecnologica sempre più affinata con gli ologrammi di Bruce Nauman.

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Un po’ per ammirazione e un po’ per fama, lascio per ultima Marina Abramović.

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L’artista serba, naturalizzata statunitense, esplora i suoi limiti fisici e la sua resistenza psichica, talvolta coinvolgendo gli spettatori, grazie anche ad una lunga preparazione mentale.

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È il caso di Rhythm 0 del 1974, avvenuta nello Studio Morra a Napoli.

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Qui, la Abramović si presentò al pubblico, posando sul tavolo strumenti di diverso genere.

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Fu detto loro che sarebbe rimasta inerme per sei ore,

cedendo alla volontà di chi avrebbe voluto ferirla o meno con gli strumenti da lei stessa portati e presentati.

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A poco a poco, quella performance divenne uno spettacolo pericolosissimo:

tra vestiti fatti a pezzi tagliuzzati con le lamette, atti violenti e pseudo sessuali.

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Mettendo la propria vita in condizione di essere lesa, anche fino alla morte, Marina Abramović aveva creato un’opera artistica molto seria, a suo dire aveva: “Affrontato le sue paure in relazione al proprio corpo”.

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Articolo di: ANTONELLA BUTTAZZO

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