Giorgio De Chirico: Biografia e opere
Giorgio De Chirico, il cui nome completo è Giuseppe Maria Alberto Giorgio de Chirico, pur non essendo nato in Italia, è considerato uno dei principali esponenti della pittura italiana del ‘900.


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Nasce il 10 luglio 1888, secondogenito di tre fratelli, a Volos, capitale della Tessaglia (Grecia) da genitori italiani ma entrambi nati a Costantinopoli.
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Il padre era un ingegnere ferroviario, trasferitosi con la famiglia, per lavoro, in Grecia mentre la madre era una nobildonna genovese.
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Trascorre i suoi anni giovanili ad Atene studiando pittura al Politecnico. La Grecia e il mondo classico rimangono nell’immaginario dell’artista giocando un ruolo fondamentale nei suoi dipinti: al fianco di architetture quotidiane, compaiono colonne, busti classici e candide statue di marmo.
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Nel 1948, dopo numerosi spostamenti sia in Europa che negli USA, Giorgio si stabilisce a Roma, in piazza di Spagna, dove passa gli ultimi 30 anni di vita, fino al 20 novembre 1978, quando muore all’età di 90 anni.
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Opere di Giorgio De Chirico
Il periodo böckliniano
Dopo la precoce morte della sorella, alla morte del padre avvenuta nel maggio del 1905, la famiglia De Chirico lascia la Grecia per l’Italia.
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Giorgio, dopo brevi soggiorni a Venezia, Firenze e Milano, si trasferisce a Monaco di Baviera dove frequenta l’Accademia di Belle Arti.
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In questo periodo, De Chirico si dedica allo studio filosofico di Nietzsche, di artisti simbolisti come Max Klinger e Arnold Böcklin innamorandosi del suo stile tanto da trarre una profonda ispirazione per i suoi primi quadri.
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Da Arnold Böcklin riprende l’idea che la vera arte deriva dai miti classici e inzia a dipingere quadri allegorici.
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Tritone e Sirena 1908-1909
“Tritone e Sirena” è una delle prime opere di De Chirico appartenenti al periodo böckliniano.
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Il tema del quadro è quello della vita beata delle creature mitologiche marine che impersonano le forze della natura. Un mondo ancestrale dove il tempo è fermo e il presente non è ancora storia, dove l’inizio dell’umanità è uno stupore che si perde nell’eternità.
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Il periodo metafisico di Giorgio De Chirico
Nel marzo 1910 si trasferisce a Firenze e qui dipinge l’”Enigma dell’oracolo” e l’”Enigma d’un pomeriggio d’autunno”, il primo quadro metafisico ispirato a una visione avuta in piazza Santa Croce.
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Qui De Chirico crea un nuovo linguaggio artistico come reazione al cubismo e al futurismo: la pittura chiamata “metafisica”, dove luoghi e oggetti sono disegnati con una precisa forma neoquattrocentesca.
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All’interno di spazi, costruiti sulle regole del quattrocento e ravvivati da colori moderni, pone elementi classici come busti, statue e colonne facendo particolari associazioni tra storia e tempo.
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L’intento è quello di rivelare misteri ed enigmi della realtà circondante, osservare il mondo come se fosse un museo pieno di stranezze, imparare a guardarsi attorno con gli occhi di chi vede per la prima volta per scoprire ciò che sta al di là del visibile.
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Enigma di un pomeriggio d’autunno
È un dipinto del 1910 ed è la sua prima opera metafisica ad essere esposta al Salon d’Automne di Parigi del 1912.
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De Chirico dipinge questo quadro dopo una lunga e dolorosa malattia e tutto, attorno a lui, sembrava convalescente.
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È un pomeriggio d’autunno, lunghe ombre nere si allungano sulla piazza, Piazza Santa Croce di Firenze, e dall’altro lato, una luce intensa si diffonde nell’aria.
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La chiesa è molto semplificata e, al posto delle porte, vi sono delle tende, caratteristiche del tempio greco: uno scorcio della città antica si sovrappone alla città moderna creando due orizzonti paralleli che trovano la loro forza iconica in oggetti enigmatici.
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Nella realtà, sulla sinistra della piazza si trova la statua di Dante, mentre in questo dipinto, sulla destra, osserviamo una statua acefala. Questa statua rappesenta la condizione di non-sapere dell’uomo. A fianco della statua vi sono due figure: il poeta e il filosofo.
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È Leopardi, il poeta che si perde nel tempo cercando, come un filosofo, nuovi linguaggi. Una vela bianca sullo sfondo evoca l’azione degli Argonauti alla ricerca del vello d’oro, capace di curare ogni ferita.
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È un’atmosfera sospesa, quasi bloccata dal tempo in cui si inserisce l’uomo alla perenne ricerca del senso della vita pur essendo immerso nel mare del non-senso. Di nuovo gli ideali della Grecia classica tornano nelle opere di De Chirico.
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Gli amori di Giorgio De Chirico
Nel maggio del 1915, De Chirico lascia Parigi e torna in Italia, prima a Firenze e poi a Ferrara.
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Ed è proprio qui a Ferrara che De Chirico conosce Antonia Bolognesi con la quale avrà una storia d’amore anche se non arriverà mai il matrimonio. Antonia Bolognesi incarna la figura mitologica di Alcesti, simbolo della moglie ideale.


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La bella fidanzata viene ritratta in un quadro, Alceste, opera esposta nel febbraio 1919, durante la prima mostra personale dell’artista presso Casa d’arte Bragaglia e acquistata poi da Angelo Signorelli, un medico appassionato d’arte.
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Nel 1924, a Roma, a casa di Signorelli, de Chirico conosce la ballerina russa Raissa Gourevitch Krol che frequentava, oltre all’importante circolo intellettuale romano, il “Teatro degli Indipendenti”.
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Durante questi incontri culturali, Giorgio inizia a frequentare la bella Raissa. Pedina fondamentale di questo amore è il fratello Andrea de Chirico, meglio conosciuto come Alberto Savinio, che la coinvolge come protagonista nella tragedia “La morte di Niobe”.
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Fra i due sboccia l’amore, Giorgio torna a Parigi e lei lo raggiunge diventando la modella preferita dal pittore. L’intesa fra i due cresce sempre di più a tal punto che de Chirico incomincia a prestare una particolare attenzione all’archeologia perché Raissa ha intrapreso da poco proprio questa nuova carriera.
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Nel 1930 la storia d’amore con Raissa si interrompe bruscamente perché Giorgio si innamora di Isabella Packwer, una polacca ebrea nata a Varsavia, che sposerà nel 1946.
De Chirico scenografo
De Chirico, nella sua vita artistica, si è cimentato in varie attività come la pittura, la scrittura e la cultura ma non tutti sanno che si è dedicato anche al mondo teatrale.


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Tra il 1924 e il 1971, Giorgio ha creato scenografie per ben 24 spettacoli musicali e teatrali. Considerando che per ogni lavoro componeva anche una decina di bozzetto, si può dire che ha realizzato circa 300 opere teatrali.
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Da notare che per ogni figura rappresentata, De Chirico annotava con precisione, la natura delle stoffe dei costumi comprensive di pieghe e di colori sgargianti. Buona parte di questa particolare collezione è custodita presso il Teatro alla Scala di Milano.
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I fratelli De Chirico
De Chirico e Savinio, nome d’arte del fratello Andrea De Chirico, sono una delle coppie di fratelli d’arte più celebri del Novecento. Molto simili ma molto diversi: uno filosofico, l’altro ironico, Giorgio serio, Alberto dissacrante.
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Le loro vite si sono spesso unite, incrociate e allontanate: Giorgio si dedica subito alla pittura mentre Andrea è attratto dalla scrittura e dalla musica. Andrea, nei suoi testi, parla di uomini senza volto e Giorgio li raffigura: nascono cosí i manichini, simbolo del movimento metafisico.
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Ettore e Andromaca – 1917
Ettore e Andromaca: l’immagine dell’amore puro.
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Due corpi che si abbracciano e si fondono insieme, espressione di un amore profondo senza limiti. Ma queste due figure sono caratterizzate da alcuni particolari: non hanno un volto e non hanno le braccia perché sono due manichini.
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Figure impersonali inseriti in un’atmosfera senza tempo e senza spazio avvolti nel silenzio. Ettore, per non “perdere la faccia”, vuole combattere e parte a tutti i costi per la guerra. La moglie Andromaca tenta di frenarlo abbracciandolo forte in un estremo gesto d’affetto.
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È una scena struggente ma carica di significati: Ettore non ha più un volto perché ha perso il senso dell’umanità.
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Anche la moglie è senza un volto perché Andromaca vive per Ettore e senza di lui anche lei diventa una nullità cadendo nel vuoto cosmico.
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A causa della mancanza di braccia, i due non possono realmente stringersi, i loro corpi sono privati dal piacere del contatto fisico: Ettore non può confortare la sua sposa destinata alla solitudine eterna.
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Ecco Giorgio De Chirico, il pittore-filosofo, capace di andare oltre la natura per cogliere l’invisibile essenza che governa l’umanità.
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