Masaccio: Vita e opere
Introduzione a Masaccio
Masaccio, soprannome di Tommaso di ser Giovanni di Mone Cassai, nacque a Castel San Giovanni in Altura (oggi San Giovanni Valdarno) il 21 dicembre 1401 e morì a Roma nell’estate del 1428. Egli è stato un pittore italiano ed è considerato uno degli iniziatori del Rinascimento a Firenze, rinnovando la pittura secondo una nuova visione rigorosa, che rifiutava gli eccessi decorativi e l’artificiosità dello stile allora dominante, il gotico internazionale. Il percorso artistico del pittore rinascimentale fu tanto breve (morì improvvisamente a soli 27 anni) quanto fulminante. La carriera di Masaccio è infatti paragonabile a quella di pochissimi pittori nella storia dell’arte occidentale. Filippo Brunelleschi e Donatello furono i primi a comprendere l’eccezionale portata innovatrice dell’opera masaccesca, che infatti sarebbe diventata un riferimento obbligato per tutta l’arte fiorentina del Rinascimento.
Lo stile di Masaccio
Partendo dalla sintesi volumetrica di Giotto, riletta attraverso la costruzione prospettica brunelleschiana e la forza plastica della statuaria donatelliana, inserì le sue «figure vivissime e con bella prontezza a la similitudine del vero» (Vasari) in architetture e paesaggi credibili, modellandole attraverso l’uso del chiaroscuro. Finché Masaccio fu in vita, Brunelleschi lo tenne sempre sotto la sua ala protettrice. Secondo quanto ci riferisce il Vasari, Filippo, uomo dal carattere ruvido e poco incline ai sentimentalismi, rimase affranto per la scomparsa del giovane pittore; pare abbia affermato: «Noi abbiamo fatto in Masaccio una grandissima perdita».
L’inizio della carriera
Il 7 gennaio 1422 Masaccio si iscrisse all’Arte dei Medici e Speziali, l’iscrizione all’Arte dimostra una sicurezza delle proprie capacità professionali tale da poter far fronte alle regolari e non lievi tasse associative richiesta dalla corporazione. Altri pittori, per quel motivo, rimandarono l’iscrizione a più tardi possibile, come fece forse lo stesso Masolino, che si registrò solo nel 1423.
Masaccio giunse a Firenze nel 1417, dalla provincia di Arezzo, e dimostrò sin dagli esordi il suo talento con il Trittico di San Giovenale, dove una Madonna col Bambino siede su di un trono raffigurato con un effetto prospettico. Fu nella città dei Medici che acquisì il soprannome affettuoso con cui è ancora oggi ricordato: il soprannome deriverebbe dalla sua trascuratezza nel vestire e dallo scarso interesse per «le cure o cose del mondo». Come in molte opere di pittura, anche nel Trittico di Masaccio o di San Giovenale è possibile scovare alcuni piccoli dettagli e curiosità. Ecco 5 curiosità sul trittico di Masaccio.


L’aureola della Madonna
Masaccio incideva spesso le aureole dei Santi nelle sue opere, e così sembra aver fatto anche per quella della Madonna nel Trittico. La prima ipotesi fu che si trattasse dell’incisione dell’inizio di una preghiera araba, oggi disconfermata. La seconda, invece, ipotizza che riporti la scritta “JHESUS CRISTUS VIA VERITAS ET VITA”.
La Firma di Masaccio
San Giovenale, che si trova sulla tavola destra del Trittico, ha in mano un libro aperto al Salmo 109. Il libro riporta la scritta “dixit dominus domino meo (se)de a destris meis don (ec) (po)am inimicos tuos (scabellum pe)durn tuorum”.
Dalle analisi compiute dagli esperti sull’opera, risulta che è stata proprio la mano di Masaccio a scrivere questo testo, che ne attesta l’autenticità come una vera e propria firma.
I pastorali
Due sono i pastorali che si trovano nel Trittico, uno in mano a San Biagio e uno in mano a San Giovenale. Osservandoli per bene però, si nota che sono leggermente diversi. Quello di San Biagio ha il ricciolo all’apice rivolto verso l’esterno, mentre quello di San Giovenale ha il ricciolo rivolto verso l’interno. Nella simbologia biblica, quest’ultimo indica chi possiede la giurisdizione sulla chiesa di San Giovenale.
Data di inizio della pittura rinascimentale
Alla base del Trittico si trova una piccola scritta, riportante la data 23 aprile 1422. Questa data è stata identificata come l’inizio della pittura rinascimentale, che si sviluppò a Firenze agli inizi del 1400. Inoltre, è la prima volta che viene utilizzato un capitale maiuscolo al posto del gotico.
La mano sinistra della Madonna
L’anello che indossa la Madonna che stringe il figlio ha una duplice importanza. Oltre ad essere considerato il primo monile disegnato in prospettiva del rinascimento, viene ripresa dalla madre di Masaccio, Monna Jacopa, ed usata per dare un significato simbolico: l’Antica e la Nuova alleanza di Dio con l’umanità.
L’anno successivo iniziò probabilmente la sua collaborazione con il pittore Masolino da Panicale, artista di puro stile tardo gotico. È da ritenere che Masolino, di diversi anni più anziano di Masaccio, abbia preso a società il più giovane Masaccio convinto del grande talento di questo pittore, l’unico ad avere una chiara padronanza della prospettiva in pittura. In collaborazione i due pittori realizzarono gli affreschi con le «storie di san Pietro» nella cappella Brancacci, a Firenze, che possono essere considerati il documento fondamentale degli inizi della pittura rinascimentale.


Gli episodi della Genesi
Tra gli affreschi si distinguono due episodi della Genesi: il Peccato originale di Masolino e la Cacciata di Adamo ed Eva di Masaccio. Il primo risente del clima tardogotico in cui era maturata l’arte di Masolino. Nel secondo, Masaccio dipinge i progenitori dotandoli di corpi e sentimenti totalmente umani e li immagina investiti da una luce che appare reale e proietta ombre sul terreno. Nell’affresco masaccesco, Adamo ed Eva, cacciati dal Paradiso terrestre dopo il peccato originale, caduti nella disperazione, devono farsi carico delle proprie responsabilità. Da questo angolo di Firenze sono passati i nomi più illustri di tutti i tempi, da Michelangelo a Raffaello, per imparare da lui, da Masaccio, per carpire la tecnica, per lasciarsi influenzare dai suoi tratti. Al ciclo di affreschi però Masaccio non ci lavorò da solo, con lui il socio, assai più anziano, Masolino.
Tutt’oggi storici e accademici non concordano su tutte le attribuzioni: “Questo volto l’ha dipinto sicuramente Masaccio”, “Ma no, è il tipico stile gotico di Masolino”.
Come spiegano gli esperti, i tratti dei due artisti sono molto differenti tuttavia i due lavoravano insieme da molto e per il lavoro alla Cappella adottarono entrambi la stessa, straordinaria, unitarietà prospettica . Ed è per questo che due scene che si trovano una su una parete e una su un’altra combaciano perfettamente, combaciano i punti di fuga, combaciano le linee prospettiche. Pare che i due pittori ricercarono questa perfezione utilizzando anche un unico ponteggio, sul quale lavoravano contemporaneamente, alternandosi le pareti.
il subentro di Filippino Lippi
A complicare il tutto il subentro di Filippino Lippi nel 1485. Masaccio infatti non riuscì mai a finire la Cappella, morì a soli 27 anni e Filippino Lippi (figlio di quel Filippo Lippi, che di Masaccio era stato allievo) ricevette l’incarico di completare l’opera incompiuta. Filippino Lippi aveva uno stile assai diverso ma si sforzò di rispettare il lavoro dei suoi precursori adattando i suoi interventi a quelli già realizzati. Un atteggiamento che non era affatto scontato, segno di grande rispetto, e che ha contribuito ad incrementare il fascino intramontabile della Cappella.
E proposito di autoritratti: anche il Lippi ha nascosto il proprio autoritratto all’interno dell’opera (in foto). Lo si trova nella parete destra, sul lato opposto a quello di Masaccio e Masolino e poco distante dal ritratto di Botticelli che del Lippi era Maestro. Tra i due, tra l’altro, colpisce anche la straordinaria somiglianza. Inoltre, Durante un restauro è emerso che intorno alla metà del 1600, quindi ben 200 anni dopo dal lavoro di Masaccio, furono coperte con delle foglie le nudità di Adamo ed Eva nella scena della Cacciata . Di quelle foglie oggi non c’è più traccia. A toglierle i restauratori negli anni 80 perché “falsificavano” l’iconografia originaria. E questo non deve sorprendere.
Articolo di Antonella Graziano