I fiori nell’arte

La Brocca di Hans Memling > Artesplorando
La brocca, Hans Memlig, 1490

Dipingere fiori, frutta, pesci, cacciagione, o vari oggetti d’uso viene comunemente chiamata “natura morta”. È una corrente artistica che nasce in Europa alla fine del XV secolo dove, nei dipinti, si rappresenta la vita silenziosa degli oggetti e delle cose, una vita calma, senza rumori e senza movimenti, un’esistenza che si esprime per mezzo del volume, della forma, della plasticità.

Inizialmente considerata una corrente minore rispetto a quella religiosa e mitologica, con il passare dei secoli la “natura morta” ma soprattutto la tendenza alla rappresentazione dei fiori, si è affermata sempre di più. Se consideriamo di questo vasto panorama la sola rappresentazione floreale, possiamo attribuire il “primo vaso di fiori” al dipinto del 1490 del pittore tedesco-fiammingo Hans Memling.

In Italia il primo e più importante autore è il Caravaggio. Eseguì la celebre “Canestra di frutta” nel 1597 circa: un splendido dipinto ad olio su tela 31×47 cm che raffigura mele, pere, uva e melograni raccolti in una canestra.

E più recentemente come non ricordare i girasoli di Van Gogh o le ninfee di Monet e artisti moderni come Andy Warhol. Fiori colorati, esotici e magari poco conosciuti hanno dato un tocco di creatività alle opere assumendo anche svariati significati e contribuendo a localizzare meglio il luogo descritto. 

I fiori hanno un significato?

Particolare dei fiori

La brocca di Hans Memlig 

L’opera è stata realizzata da Hans Memling intorno al 1490 e attualmente si trova al Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid. Questa bellissima opera che si distingue per una eleganza raffinata anche se un po’ malinconica, si inserisce all’interno di un progetto pittorico ben definito. Dietro la tavola si trova infatti il ritratto del committente in preghiera: molto probabilmente l’opera era l’anta di un altarino portatile a due sportelli. Si presume che dall’altra parte ci sia stata l’effigie della Madonna con il Bambino.

I fiori rappresentati sono gigli, iris e aquilegia che, secondo la tradizione dell’epoca, erano attribuiti sempre a Maria e allo Spirito Santo. A quell’epoca, il dipinto portava sempre con sé un significato iconografico di centrale importanza. Il giglio, inteso come simbolo di purezza, si ritrova spesso nelle mani dell’Angelo Gabriele nel momento dell’Annunciazione. In alcune rappresentazioni l’iris è il fiore che i pastori porgono quando si recano nella grotta ad adorare la Vergine con il Bambino. L’iris è anche il simbolo della Trinità perché un solo stelo regge tre fiori. Mentre l’aquilegia, per la sua particolare forma, ricorda la mano di Maria a tal punto da essere chiamata i “Guanti di nostra Signora”. 

“I girasoli” Vincent van Gogh

Perchè Van Gogh dipingeva i girasoli?

Tra il 1887 e il 1889, Vincent Van Gogh dipinge 11 quadri aventi come soggetto i girasoli. I primi quattro quadri vengono realizzati a Parigi nell’estate del 1887 e nel 1888, mentre si trova ad Arles. Così scriveva al fratello Theo:

“Un sole, una luce che in mancanza di meglio non posso che definire gialla, gialla zolfo chiaro, oro pallido limone. Com’è bello il giallo!”

Ed è proprio in questo periodo che Van Gogh realizza “Il ciclo dei girasoli”: sette quadri molto simili ma che sono diventati una delle opere più famose dell’artista.

I mazzi di fiori sono posati in un vaso e Van Gogh inizia a dipingerli per decorare la camera di Paul Gauguin, suo prossimo ospite in una modesta casa ad Arles soprannominata “casa gialla” per il suo colore.

Ne “Il ciclo della vita nei Girasoli”, oggi custodito alla National Gallery di Londra, vengono riprodotti quindici girasoli in varie fasi della loro esistenza: dal bocciolo fino alla morte. In basso a sinistra il bocciolo che si deve ancora trasformare in fiore, poi sette fiori nella loro pienezza e altrettanti sette che hanno ormai perso i loro petali e si stanno trasformando in semi.

Il girasole, secondo i canoni artistici dell’epoca, era considerato rozzo e poco elegante ma nella letteratura olandese era simbolo di gioia, gratitudine e fedeltà. Un fiore sempre alla ricerca del sole come Vincent sempre alla ricerca della felicità: questa potrebbe essere la similitudine che ha spinto l’artista a trasformare i girasoli nel suo fiore preferito. Una scelta azzardata ma era un fiore che, secondo lui, era in grado di dare conforto ai cuori turbati come il suo.

Le ninfee di Monet

Perché dipingere per 250 volte sempre lo stesso fiore?

Dal 1890 fino al 1926, data di morte di Monet, l’artista francese ha realizzato più di 250 quadri che hanno come soggetto le ninfee. Questa passione nasce nel 1883 quando Claude si trasferisce a Giverny in Normandia. Dovendo ristrutturare la casa, lui stesso si occupa del giardino e lo trasforma in un prato pieno di fiori ispirandosi alla tradizione giapponese e realizzando anche un piccolo ponte in stile orientale. Inoltre, da un ramo del fiume Epte riesce a ricavare un bacino che riempirà di ninfee. Qui nasce il pittore Monet come lui stesso ha dichiarato:

“Forse devo ai fiori l’esser diventato un pittore”.

Questo piccolo mondo era per lui il suo angolo di pace e serenità. La ninfea, pianta acquatica galleggiante, porta con sé anche un grande significato simbolico: è il simbolo della purezza perché, pur nascendo dalla melma degli stagni, non sporca i suoi petali.

L’arte di Monet aveva come scopo quello di cogliere l’attimo come se si guardasse una cosa per la prima volta. Inaugura così la strategia del dipingere un soggetto più volte per cogliere, di volta in volta, i cambiamenti del soggetto e le sfumature durante i vari momenti della giornata: era una sorta di diario quotidiano pittorico.

Oggi i suoi quadri con le ninfee sono conservati nei musei di tutto il mondo ma il “Ciclo delle ninfee” nel 1918 fu stato donato da Monet, come simbolo di pace, al presidente Georges Clemenceau, in occasione della fine della prima Guerra Mondiale.

Da allora appartiene allo Stato Francese ed è custodito nel Museo dell’Orangerie di Parigi all’interno dei famosi Jardin des Tuilleries . 

Flowers, Andy Warhol

Andy Warhol in “Flowers”

Per la prima volta nel 1964 Andy Warhol realizza le serigrafie “Flowers”. Ritraggono l’immagine di fiori di ibisco ripresi da una celebre foto di Patricia Caulfield pubblicata nella rivista fotografica “Modern Photography” di quell’anno. L’occasione è data da un’esposizione presso la galleria di Leo Castelli di NY con la quale Andy ha più volte collaborato. Sembra che questi fiori esprimano i sentimenti più intimi dell’artista instaurando proprio con loro un particolare legame. L’opera invita a porre la nostra attenzione contro il mondo dell’effimero e del superficiale. 

Giardino di campagna con girasoli, 1905-1906 Gustav Klimt

Entrare nella natura con Klimt

Tra il 1905 e il 1906, Gustav Klimt realizza “Giardino di campagna con girasoli”. È un paesaggio della regione austriaca salisburghese dove il pittore era solito trascorrere le sue estati negli anni della maturità. Un immenso prato fiorito è il protagonista dell’opera. Un’esplosione di colori e di sfumature dominata da due piante di girasoli che rubano la scena: una in posizione abbastanza centrale mentre l’altra fa capolino nella parte sinistra del quadro. Il visitatore è attratto dal dialogo intenso con la natura, una relazione esclusiva da non lasciar spazio a nessun altro elemento neanche quello umano. Un vortice caleidoscopico di margherite, astri, erbe, fiori di campo e girasoli che inebriano il visitatore in una girandola di profumi. 

Il fiore, elemento decorativo delle nostre case, profumo avvolgente, ricordo della bellezza che va via e che dona a tutti la consapevolezza di vivere al meglio ogni nostro momento. 

Articolo di Canti Franca

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