Le migliori opere di arte Egizia
Scegliere quale siano le migliori opere dell’antico Egitto è un’impresa molto ardua e
chiaramente è impossibile stilare una classifica che sarebbe prettamente legata ad una
questione di gusto personale. La grande civiltà egizia infatti, ha vissuto il suo
splendore nell’arco di 3000 anni donandoci tesori di inestimabile bellezza che
ancora oggi ci meravigliano e ci lasciano senza fiato e che sono universalmente
riconosciuti tali da tutti. Sono numerosi gli esempi di arte egizia che si trovano nei
musei di tutto il mondo e varie le donazioni fatte dalle Soprintendenze in occasione
di grandi campagne di restauro, collocate nelle grandi città come ad esempio il
bellissimo Tempio di Debod a Madrid in Plaza de España o il Tempietto a Ellesiya
ricostruito interamente e oggi conservato al Museo Egizio di Torino. Ognuno di noi
avrà sicuramente sentito parlare delle famosissime Piramidi di Giza, della
straordinaria Piramide a Gradoni di Djoser, della Maschera di Tutankhamon o del
volto sensuale e bellissimo di Nefertiti scolpito nella pietra calcarea. Impossibile non
conoscere l’enigmatica Sfinge che controlla e veglia nella Valle dei Morti il sonno dei
defunti che la ospitano.


Chi non conosce infine lo straordinario Nilo culla di questa grande civiltà sulle cui
rive sono nate splendide città?
Fare un viaggio in Egitto è qualcosa di straordinario, ovunque si può trovare una
meraviglia, grazie soprattutto al grande lavoro degli archeologi e degli egittologi che
non perdono mai la speranza nonostante il passare dei secoli, di trovare e di
riscoprire qualcosa di eccezionale, un cunicolo, una tomba, un tesoro, un affresco, e
di restituirci una bellezza da ammirare. È per questo che voglio parlarvi di due opere
splendide tra le migliaia lasciate dal popolo egizio. Una delle opere che certamente
ci lascia sempre di stucco e che rappresenta forse il più grande sogno per gli
appassionati di arte egizia, è senza ombra di dubbio il Tempio di Abu Simbel
costituito da due complessi collocati sul confine meridionale dell’Egitto, scavati
interamente nella roccia per questo detti rupestri. Uno chiamato “Grande” dedicato a
Ramses II, l’altro “Piccolo” dedicato alla regina Nefertari.


Oltre alla straordinaria imponenza della delle strutture, che sulla facciata recano
statue di colossali dimensioni, anche l’interno suddiviso in vani ipostilì con statue e
colonne è straordinario. Possiamo trovare geroglifici, bassorilievi e stanze molto
affascinanti. Ma ciò che sicuramente rende magico questo luogo fu il ritrovamento nel
1813 ad opera dell’archeologo svizzero Johann Ludwig Burckhardt il quale lo trovò,
pensate un po’, sepolto sotto la sabbia. Un grande primato spetta comunque all’Italia,
nel 1817 il primo archeologo a varcare le soglie di questo spettacolo fu Giovanni
Battista Belzoni, un grande archeologo italiano. E fin qui tutto regolare! Sarà nel 1964
che il Tempio passerà alla storia grazie ad una operazione davvero estrema a seguito
della costruzione della Diga di Assuan promossa dal Governo egiziano, intervento
che avrebbe in breve tempo distrutto oltre a questo, anche molti altri templi collocati
nella stessa valle. Fu così che grazie all’appello del’Onu fu impiegato un numero
enorme di studiosi, archeologi, restauratori, una immane forza umana messa in
campo, grazie alla quale dopo più di tre anni è stato possibile spostare interamente i
due complessi, pezzo per pezzo, di circa 60 m, evitando così che si potessero per
sempre distruggere.


Come se non bastasse tutto ciò a rendere così affascinante il Tempio di Abu Simbel,
va raccontato che oggi così come nell’antichità avviene un fenomeno solare
straordinario per il quale migliaia di persone si mettono in viaggio da ogni parte del
mondo, per poterne ammirare la bellezza. Ogni anno infatti, il 22 febbraio e il 22
ottobre i raggi del sole all’alba, entrano da una fessura sulla facciata andando a
colpire direttamente per soli 20 minuti, la camera del faraone e precisamente le statue
di Ramsete II, quelle di Ptah (dio creatore), di Amon-Ra (padre di tutti gli dei e dio del
sole) e di Ra (dio del sole). Volutamente rimane escluso dal fenomeno solare il dio
delle tenebre Seth. Questo straordinario evento è frutto di precisi calcoli che vennero
fatti al momento della costruzione del Tempio a dimostrazione della grandezza di
questa civiltà che per tutta la durata della propria storia ha potuto perfezionarsi tanto
da poter realizzare opere di questo genere.


Si tratta di una civiltà affascinante, che credeva nel potere della morte e che
realizzava qualsiasi opera in virtù di questo. Tutto doveva essere concepito per una
nuova vita del defunto oltre la morte, è per questo che le opere senza dubbio più
affascinanti facciano parte proprio dell’arte funeraria, i dipinti, l’architettura, la
scultura, tutto è scandito secondo le regole del passaggio nell’aldilà attraverso il Libro
dei Morti, un mondo in cui il defunto deve pesare il proprio cuore con una piuma per
ritenersi degno di starci. Una nuova vita fatta anche di fatica e lavoro e che per questo
deve essere accompagnata con lo splendore che solo l’arte sa dare.
Insomma tutto è filato liscio per ben 3000 anni fino a quando le sorti della civiltà
egizia sono cambiate con l’incontro di due grandi civiltà i Greci prima e i Romani
poi, i quali hanno messo fine all’egemonia egizia nel Mediterraneo.

Tra i popoli vi fu
una grande contaminazione soprattutto a livello artistico, gli stili, le tecniche, il sapere
magistrale degli Egizi venne messo a disposizione degli artisti stranieri. Il risultato fu
estremamente soddisfacente e splendido. È grazie a questa contaminazione infatti,
che oggi noi abbiamo la grande fortuna di poter ammirare qualcosa di eccezionale. Si
tratta di circa 600 opere, i cosiddetti Ritratti del Fayum una popolazione che viveva al
tempo dei Tolomei, realizzati su tavole lignee con una tecnica molto sofisticata detta
a encausto. La loro funzione era quella di ricoprire i volti di alcune mummie egizie
di epoca romana. Ed è soprattutto in questo che la civiltà egizia ha compiuto
qualcosa di straordinario mantenendo le proprie tradizioni millenarie anche se
assoggettata. Una volta che il corpo veniva mummificato (un processo molto
complicato ma estremamente fondamentale per la preservazione del corpo tanto da
durare 40 giorni circa) questi ritratti venivano posti sul volto del defunto.
I ritratti estremamente realistici e fedeli al vero hanno la straordinaria capacità di
riportarci romanticamente indietro nel tempo. Su quei volti talvolta imperfetti, è
possibile costruire storie, immaginare legami, amori, sentire quasi le emozioni e i
pensieri, letti attraverso quei profondi occhi scuri. È possibile così dar vita a quelle
bellissime donne ingioiellate con le folte sopracciglia scure, lo sguardo fisso,
immanente, la bocca socchiusa quasi a voler proferire qualcosa, l’acconciatura
dettagliata, la pelle imbrunita, i colori vivaci.

Insomma, trovare una lista di opere che hanno fatto la storia della civiltà egizia è veramente
difficile, soprattutto perché tante sono le storie e le vicissitudini che si sono susseguite
nell’arco di questi 3000 anni. Mi piace pensare più che alle opere, alle emozioni e ai
sentimenti che gli artisti perlopiù sconosciuti, ci hanno voluto lasciare, parlandoci di un
mondo che ha fatto della morte la sua principale ragione di vita, calcolando esattamente
ogni dettaglio con una precisione estrema. È sicuramente questo il segreto degli egizi che
oggi affascinano ancora come nei secoli passati, tanto da lasciarci sgomenti ad ogni
ritrovamento, ad ogni barlume di speranza di ritrovare ancora un mistero e una storia da
raccontare…
Pappacena Federica

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